30.4.11

6 maggio - Il nostro sciopero generale: appello per la generalizzazione

Lo sciopero generale contro la Confindustria e il governo del prossimo 6 maggio ha bisogno di una spinta sociale straordinaria. Troppi fattori gli giocano contro, facendo precipitare il nostro paese in quella «terra di nessuno» caratterizzata dalla crisi senza conflitto per il cambiamento. La politica dei partiti di «opposizione» è tornata ad essere riversa nei suoi giochi, troppo appassionata al futuro degli eletti piuttosto che a quello degli elettori. Il governo d'altro canto, sempre più espressione di autoritarismo e arroganza, può vivere in relativa tranquillità grazie al fatto che la partita, il campo di gioco, la durata del match sono saldamente nelle sue mani, al riparo da quell'idea di alternativa all'esistente che dovrebbe dare sostanza, concretezza, alla lotta per la democrazia contro le oligarchie che detengono il potere.

Lo sciopero dunque, per aumentare la sua efficacia dev'essere capace di rompere questo schema. Noi crediamo che solo il suo divenire sociale, cioè un fatto di grande partecipazione popolare, di grande intensità e forza, un evento concreto che segni un ulteriore tappa nel protagonismo di lavoratori e lavoratrici, di studenti e ricercatori, di chi non ha lavoro e reddito, possa rimettere al centro del dibattito pubblico i nodi su cui è necessario battersi e vincere, per poter parlare di cambiamento. Il caso Fiat sta riesplodendo, e con esso il solito ricatto del metodo Marchionne - lavoro in cambio di diritti e democrazia - ed esso ci mostra ancora una volta come il terreno del lavoro, qualsiasi esso sia, oggi coincide con quello della precarietà, che non è «affare dei giovani». Il famigerato «collegato lavoro», che proprio dalle scorribande di Marchionne prende ispirazione, si sta applicando sistematicamente, come nuovo strumento di ridefinizione delle relazioni industriali piramidali, e la volontà dell'impresa non è minimamente negoziabile.


Il ddl Gelmini, con il suo corollario di attacchi al concetto stesso di scuola e università laiche e pubbliche, sta innanzitutto falcidiando migliaia e migliaia di posti di lavoro, azzerando la ricerca e la ricetta Tremonti per i prossimi tre anni andrà a peggiorare ulteriormente la situazione con un taglio di 4,5 miliardi ogni anno. I licenziamenti sono ormai l'eplilogo annunciato per centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici in cassa integrazione, e il lavoro sottopagato, intermittente, a contrattazione individuale l'orizzonte che si prefigura per tutti. In questo quadro rilanciare la battaglia per sostenere la Fiom contro Marchionne, per l'aumento dei salari e l'introduzione di forme di reddito di cittadinanza contro la precarizzazione, attraverso la tassazione della rendita e delle transazioni finanziarie, significa proporre un'altra idea di società contro la crisi. Come sostenere la lotta degli studenti e degli insegnanti, vuol dire pensare alla formazione come diritto e bene comune. Salario e reddito, occupati e temporaneamente occupati, lavoro certificato o in nero, subordinato o parasubordinato «mascherato» con una partita iva, rappresentano le mille facce di un problema comune: ridare centralità a chi produce, ai suoi diritti, contro la centralità delle banche e dei rentier, contro quel 10% che trattiene per sé oltre il 50% della ricchezza prodotta da tutti e tutte.


Il percorso di Uniti per lo sciopero non è espressione né di alleanze tattiche o tra organizzazioni. Nasce dall'idea che insieme, in uno spazio comune e condiviso, dobbiamo e possiamo oggi rimettere al centro il conflitto sociale per la democrazia solo se lo sostanziamo, se lo descriviamo declinandolo in cose concrete che riguardano la vita reale di milioni di persone. Dopo l'assemblea nazionale di Roma, Uniti per lo sciopero è diventato il modo di riunirci, a livello provinciale e regionale, per costruire materialmente la giornata del 6 maggio. Tre le indicazioni che stanno emergendo dalle varie situazioni e che riteniamo possano essere assunte da tutti per lo sciopero:
1) Caratterizzare il Primo maggio nella preparazione dello sciopero con iniziative in tutte le manifestazioni.
2) Costruzione con le RSU e i delegati sindacali di picchetti sociali, presidi e assemblee volanti davanti a fabbriche e luoghi di lavoro.
3) Partecipazione ai cortei sindacali con lo spazio comune di Uniti per lo Sciopero come luogo unitario costruito con movimenti, associazioni, cittadini.
4) Dopo la conclusione dei comizi, individuazione di forme pacifiche e di massa di iniziativa nelle città, che rendano visibile e prolungato l'impatto dello sciopero e quindi dia forza alle sue ragioni.
Facciamo appello a tutti perché lo spirito con il quale costruiamo lo sciopero sia questo. Chiediamo alle Camere del Lavoro, ai delegati e alle Rsu, alle reti di movimento, alle persone, di costruire insieme questa importante giornata di democrazia e per la democrazia.



Nicolò Altomare, Andrea Alzetta, Andrea Amendola, Enza Amici, Salvatore Bacciu, Paola Bianco, Elena Bianco, Tommaso Cacciari, Luca Cafagna, Loris Campetti, Luca Casarini, Giovanna Cavallo, Giuseppe Ciarrocchi, Daniele Codeluppi, Paolo Cognini, Giorgio Cremaschi, Luca Daminelli, Michele De Palma, Gianmarco De Pieri, Simone Famularo, Salvatore Fierro, Omid Firouzi, Max Gallob, Eva Gilmore, Egidio Giordano, Ugo Mattei, Vilma Mazza, Giorgio Molin, Antonio Musella, Giovanni Pagano, Bruno Papignani, Francesco Pavin, Eva Pinna, Gabriele Polo, Francesco Raparelli, Manila Ricci, Gianni Rinaldini, Mirco Rota, Claudio Sanita, Giacomo Senatore, Ada Talarico, Massimo Torelli, Luca Tornatore, Emiliano Viccaro.

25.4.11

Un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare. Vittorio Arrigoni un vincitore.


Tra il silenzio assordante di una politica lontana anni luce e l'indifferenza del giornalismo che largo spazio hanno dato ai militari caduti nelle tante guerre, con dirette televisive, gran titoli, omaggi e indignazioni, ieri l'ultimo saluto ad un vincitore: Vittorio Arrigoni.

In segno di polemica con le istituzioni, che hanno ignorato non solo Vittorio in quanto persona, il suo sacrificio, ma colpevolmente la sua lotta per i diritti umani, ieri il vice sindaco di Bulciano ha parlato alle celebrazioni togliendosi la fascia tricolore. Una battaglia scomoda quella di Vittorio, che non lasciava spazio a interpretazioni, che rendeva limpida l'assurdità di una condizione, quella dei palestinesi, di assedio continuo e di costante violazione dei diritti umani da parte del governo di Israele. L'assenza totale e irrispettosa delle cariche politiche è inaccettabile.

Vittorio era un pacifista che aveva scelto di raccontare Gaza durante "piombo fuso", che aveva scelto di stare tutti i giorni accanto ai palestinesi, mentre rischiano la vita per andare a coltivare le LORO terre, o a pescare nelle LORO acque. Vittorio aveva scelto di dare voce alla Palestina che troppo spesso viene soffocata, taciuta, dipinta ad arte per restituirci ciò che fa comodo alla politica, all'economia e calpesta la storia. Giornalista freelance e blogger attivo, con Manifestolibri aveva pubblicato un libro sulla sua esperienza nella Striscia intitolato “Gaza Restiamo Umani”, già tradotto in 4 lingue. Nell’ultimo periodo stava aiutando a organizzare la partenza di un’ imbarcazione dall’Italia con aiuti per i palestinesi di Gaza: una ‘Freedom Flotilla’ italiana per rompere l’embargo israeliano”.

A salutare Vittorio c'era però tutto il mondo che la pace la sperimenta veramente, con azioni quotidiane e che si adopera costantemente per costruire ponti e non muri, tendere mani e non fucili, spianare strade e non case, coltivare verità e non ingiustizia. Tutta questa gente era presente e ha fatto sentire la sua voce, una voce decisa, piena, consapevole e non soffocabile. Queste voci si sono unite a quelle dei palestinesi che hanno tanto amato Vittorio e che con lui hanno dato vita a una resistenza non violenta strenue e incessante a Gaza, da dove RESTARE UMANI è davvero difficile quando tutti i diritti fondamentali sono lesi, negati, taciuti colpevolmente anche e soprattutto dall'Occidente che conta.

Questa grande assenza sarà dura da colmare e certamente non sarà facile da comprendere, ma non sarà una ragione per abbandonare la Palestina nella sua lotta per la giustizia, una giustizia che è l'unica condizione per la pace.

Il laboratorio, che era in contatto con Vittorio da qualche tempo, e che ha visto da vicino i territori palestinesi occupati, si unisce al dolore dei familiari ed esprime solidarietà e vicinanza a quanti operano per i diritti umani, mettendo a servizio la propria vita.

22.4.11

Lavoro come bene comune

Proponiamo un articolo interessante uscito su Carta pochi giorni fa, che ben si inserisce nel percorso sui beni comuni che il Laboratorio sta per affrontare. Tra l'altro, l'autore - Paolo Cacciari - sarà a Macerata il 31 maggio per presentare il suo ultimo libro ("La società dei beni comuni"), nell'ultima iniziativa di "Costruire bene Comune".


Si sta avvicinando lo sciopero generale [e generalizzato, speriamo] del 6 maggio. Un appuntamento fortemente voluto dalla Fiom. In molte città si sono costituiti comitati Uniti contro la crisi e per lo sciopero generale.
Uno degli aspetti più innovativi [e controversi] delle mobilitazioni dei metalmeccanici dopo Pomigliano e Mirafiori è stato lo slogan «Lavoro bene comune». Di impatto immediato e di facile percezione, è un altro modo di dire: «il lavoro non è una merce». Una affermazione in controtendenza rispetto al processo di individualizzazione del lavoro e di privatizzazione del rapporto di lavoro. Già Karl Polany [1886–1964, l’autore de La grande trasformazione] scriveva che terra [risorse naturali] e lavoro umano sono «merci fittizie», nel senso che non sono «prodotti» in senso proprio da nessuna impresa capitalistica e quindi nessuno se ne può impadronire, comprare e vendere a suo piacimento. Ma non solo. Riconoscere e rivendicare il lavoro come bene comune contiene una proposta in positivo: sottrarre la «forza lavoro» alla disponibilità del mercato e delle sue logiche [sfruttamento al minimo costo, precarizzazione, concorrenza tra lavoratori…] e, contemporaneamente, assegnare al lavoro una funzione sociale generale.
«Lavoro come bene comune» significa considerare il lavoro un patrimonio sociale collettivo, connotato da diritti di cittadinanza e democrazia. Lo stesso valore monetario del lavoro è solo il prezzo simbolico, convenzionale, derivato dal posto che la società decide di attribuirgli. Mani, cervello e tempo, non sono pinze, calcolatori e orologio marcatempo. Sono abilità, pensiero, sentimenti, vita.
Il lavoro può uscire da una dimensione esclusivamente individuale e privata e diventare un «bene comune» solo all’interno di un processo in cui assume alcune specificazioni qualitative. Se si realizzano almeno tre condizioni. Ricordava Friedrich Schumacher [Piccolo è bello, prima edizione del 1973, ora riedito da Slow Food] che la funzione del lavoro è triplice: «dare all’uomo una opportunità di utilizzare e sviluppare le sue facoltà; metterlo in condizione di superare il suo egoismo unendosi ad altri in un’impresa comune; infine, produrre i beni e i servizi necessari a un’esistenza degna». Vediamo in dettaglio queste tre condizioni.
Primo. Il lavoro è parte costitutiva dell’autorealizzazione dell’essere umano. Il lavoro può definirsi un bene solo se si fonda sulla dignità del lavoratore e produce un ritorno di appagamento e di gratificazione in chi lo ha svolto perchè adeguato alle aspirazioni e alle capacità di ciascuno. Il prodotto, il frutto del lavoro, non può essere considerato più importante del lavoratore stesso. Diceva sempre Schumacher: «organizzare il lavoro in modo che perda ogni significato, diventando noioso, degradante o una tortura per i nervi del lavoratore sarebbe poco meno che criminale». Quello che già prima Erich Fromm chiamava «robotismo» della società moderna. «L’impossibilità di progettare il proprio futuro, condanna i lavoratori ad essere soggetti ansiosi, angosciati, smarriti: soggetti la cui esistenza è deturpata dall’incertezza permanente cui sono soggetti» [Mario Alcano, La società-azienda e la biopolitica, in Critica Marxista, 2011]. Per contro, il «lavoro buono» è quello che restituisce soddisfazione a chi lo compie bene.
Secondo. Il lavoro è un bene comune se viene svolto in cooperazione virtuosa, in mutua, creativa e affettuosa collaborazione [non con rivalità] tra tutti coloro che in un modo o in un altro concorrono alla realizzazione dei prodotti. Il lavoro continua a essere lo spazio principale di socializzazione di gran parte degli individui. Si apre qui tutto il campo teorico e sperimentale delle forme di co-decisione e di partecipazione dei lavoratori alle decisioni economiche e aziendali.
Terzo. Il lavoro ha una funzione sociale e diventa un bene sociale comune se è finalizzato alla produzione di manufatti e servizi capaci di soddisfare i bisogni vitali degli individui, quindi utili al miglioramento della vita e delle condizioni della vita su questo pianeta. L’utilità effettiva di un prodotto-merce non è quasi mai determinata dal gioco del mercato. Le attività lavorative devono far proprie e devono essere orientate a risolvere le sfide epocali che l’umanità ha di fronte: la sostenibilità ambientale [quindi evitare il suicidio della specie umana], la lotta alla povertà [quindi il contenimento demografico], l’equità [quindi la giustizia e la democrazia sociale]. Gli obiettivi di rientro nella sostenibilità ambientale e quelli per la dignità del lavoro, devono poter essere posi al centro dell’organizzazione del lavoro e delle politiche economiche.



20.4.11

Iniziative: "Costruire bene Comune",

Il Laboratorio Giovanile Sociale organizza una serie di eventi tematici che vedranno coinvolti vari ospiti per discutere e insieme affrontare le questioni al centro del vivere comune: Democrazia, Acqua e Lavoro.
Invitando tutti a diffondere l'iniziativa, vi aspettiamo.
Il manifesto degli incontri sarà appeso in tutte le facoltà di Macerata con date e orari.
La libertà è partecipazione.






Di seguito riportiamo gli eventi:

* Democrazia insorgente: trasformare la democrazia.

Giovedì 28 Aprile ore 19. AULA A Filosofia, Corso Garibaldi 20, Macerata.
Autoformazione sulla democrazia con Gianni Ruocco.

Venerdì 29 Aprile ore 21.30. Circoscrizione Centro Storico, Via Costa 10.
Incontro dibattito con:
Massimo Rossi, associazione Luoghi Comuni - portavoce Federazione della Sinistra;
Federica Curzi, assessore alle Politiche Giovanili - Comune di Macerata;
Gianni Ruocco, docente Università La Sapienza - Roma;
Alessandro Colella, Laboratorio Giovanile Sociale.



* rEsistenze al lavoro... oltre lo sciopero generale e generalizzato.

Mercoledì 18 Maggio ore 19. AULA A Filosofia, Corso Garibaldi 20, Macerata.
Autoformazione su lavoro conflitto e diritti con Vincenzo Lavenia.


Venerdì 20 Maggio ore 18.00. Circoscrizione Centro Storico, Via Costa 10.
Incontro dibattito e presentazione del libro Ritorno di Fiom con:
Gabriele Polo, giornalista ed ex direttore del Manifesto, autore del libro Ritorno di Fiom
Vincenzo Lavenia, docente Università di Macerata;
Luca Baldissare, docente e direttore del Centro Studi R60.
Stefano Casulli, Laboratorio Giovanile Sociale.
E poi Movimento degli Studenti, Rete degli Studenti Medi Macerata, FIOM-CGIL e FLC-CGIL.


* Giù le mani dall'acqua! Verso il Referendum del 12 Giugno

Lunedì 30 Maggio ore 19. AULA A Filosofia, Corso Garibaldi 20, Macerata.
Autoformazione sui beni comuni con Roberto Mancini.

Martedì 31 Maggio ore 18.00. Circoscrizione Centro Storico, Via Costa 10.
Incontro dibattito e presentazione del libro La società dei beni comuni con:
Paolo Cacciari, rete Democrazia Km 0, presenta il libro La società dei beni comuni.
Sergio Labate, docente Università di Macerata;
Daniele Benedetti, Laboratorio Giovanile Sociale.



Ultimi eventi del Laboratorio:
Da Mirafiori a Macerata, cosa significa essere operai oggi. http://lgsmacerata.blogspot.com/2011/01/da-mirafiori-macerata-cosa-significa.html
Portare la Palestina a scuola: http://lgsmacerata.blogspot.com/2011/01/portare-la-palestina-scuola.html

18.4.11

Vittorio, mai vivo come ora

di Egidia Beretta Arrigoni

Bisogna morire per diventare un eroe, per avere la prima pagina dei giornali, per avere le tv fuori di casa, bisogna morire per restare umani? Mi torna alla mente il Vittorio del Natale 2005, imprigionato nel carcere dell'aeroporto Ben Gurion, le cicatrici dei manettoni che gli hanno segato i polsi, i contatti negati con il consolato, il processo farsa. E la Pasqua dello stesso anno quando, alla frontiera giordana subito dopo il ponte di Allenbay, la polizia israeliana lo bloccò per impedirgli di entrare in Israele, lo caricò su un bus e in sette, una era una poliziotta, lo picchiarono «con arte», senza lasciare segni esteriori, da veri professionisti qual sono, scaraventandolo poi a terra e lanciandogli sul viso, come ultimo sfregio, i capelli strappatagli con i loro potenti anfibi.

Vittorio era un indesiderato in Israele. Troppo sovversivo, per aver manifestato con l'amico Gabriele l'anno prima con le donne e gli uomini nel villaggio di Budrus contro il muro della vergogna, insegnando e cantando insieme il nostro più bel canto partigiano: «O bella ciao, ciao...»

Non vidi allora televisioni, nemmeno quando, nell'autunno 2008, un commando assalì il peschereccio al largo di Rafah, in acque palestinesi e Vittorio fu rinchiuso a Ramle e poi rispedito a casa in tuta e ciabatte. Certo, ora non posso che ringraziare la stampa e la tv che ci hanno avvicinato con garbo, che hanno «presidiato» la nostra casa con riguardo, senza eccessi e mi hanno dato l'occasione per parlare di Vittorio e delle sue scelte ideali.

Questo figlio perduto, ma così vivo come forse non lo è stato mai, che come il seme che nella terra marcisce e muore, darà frutti rigogliosi. Lo vedo e lo sento già dalle parole degli amici, soprattutto dei giovani, alcuni vicini, altri lontanissimi che attraverso Vittorio hanno conosciuto e capito, tanto più ora, come si può dare un senso ad «Utopia», come la sete di giustizia e di pace, la fratellanza e la solidarietà abbiano ancora cittadinanza e che, come diceva Vittorio, «la Palestina può anche essere fuori dell'uscio di casa». Eravamo lontani con Vittorio, ma più che mai vicini. Come ora, con la sua presenza viva che ingigantisce di ora in ora, come un vento che da Gaza, dal suo amato mar Mediterraneo, soffiando impetuoso ci consegni le sue speranze e il suo amore per i senza voce, per i deboli, per gli oppressi, passandoci il testimone. Restiamo umani.

14.4.11

Vittorio Arrigoni è morto.

Vittorio Arrigoni è morto. Non ci sentiamo di scrivere più di quanto abbiamo riportato ieri, per cui segue l'articolo scritto dopo il sequestro.


Come un fulmine ci colpisce il sequestro di Vittorio Arrigoni, operato si dice da una gruppo salafita islamico, ma probabilmente pianificato dai servizi segreti israeliani.

Vittorio rappresentava la voce italiana di Gaza, l'unico nostro concittadino rimasto nella Striscia durante i bombardamenti israeliani del 2008-2009. Continuamente informava dal suo blog su quanto accadeva a Gaza, e negli ultimi giorni denunciava i continui attentati e bombardamenti israeliani (vedi: http://guerrillaradio.iobloggo.com).


Il Laboratorio era costantemente aggiornato e informato via mail di quanto accadeva.


Famoso fu un suo video di risposta alle dichiarazioni di Saviano pro-Israele.


Riportiamo di seguito l'articolo scritto da www.infopal.it, uno dei siti più affidabili sulla questione palestinese, con cui collaborava anche Vittorio Arrigoni.


InfoPal. Vittorio Arrigoni, il noto attivista italiano dell'Ism, che vive a Gaza ormai da anni, è stato rapito da un gruppo salafita, denominatosi "Hisham as-Su'eidani": http://www.youtube.com/watch?v=gCyA7A4pDXc&feature=youtu.be Dal messaggio diramato nel sito, sembra che Vittorio sia in mano a un gruppo salafita legato ad al-Qa'ida. Il video mostra Vittorio bendato e con delle abrasioni.

Il testo del messaggio minaccia l'uccisione dell'attivista entro le prossime 30 ore se il governo Hamas non rilascerà dei salafiti rinchiusi in carcere. Il ministero degli Interni del governo di Gaza ha confermato la notizia e ha fatto sapere di aver avviato le ricerche, ma non ha escluso che il sequestro coinvolga realtà esterne alla Striscia di Gaza. Al-Qa'ida a Gaza?

Fonti ufficiali del governo di Gaza hanno dichiarato alla nostra redazione che non esiste alcuna organizzazione legata ad al-Qa'ida a Gaza, ma si tratterebbe, invece, di una realtà creata dall'intelligence israeliana per fomentare conflitti interni a Gaza, che si avvale di "manovalanza" locale, indottrinata e convinta di rappresentare il network di Bin Laden.

"Tutti i gazesi sanno che questa organizzazione non esiste davvero - ci ha spiegato un collega al telefono -. Ci sono degli individui che si dichiarano suoi aderenti, ma il regista è Israele. Questo gruppo 'salafita' ha rapito Arrigoni per chiedere la liberazione di loro commilitoni imprigionati.

Ma perché proprio un occidentale? Un italiano? Piuttosto, per far pressioni sul governo di Gaza, avrebbero potuto rapire un militante o dirigente di Hamas. Purtroppo, noi temiamo che dietro ci sia Israele, che vuole spaventare gli attivisti della Freedom Flotilla2, in partenza il mese prossimo. C'è molta rabbia tra la gente di Gaza: tutti conoscono e apprezzano Vittorio".

Il nostro augurio è che Vittorio possa tornare a fare il suo lavoro, per la libertà dei palestinesi e la giustizia in a Gaza e in Medioriente.

12.4.11

I diritti di Samuele sono i diritti di tutt*

Aspettiamo con ansia un intervento ufficiale della preside dell'Istituto d'Arte, per smentire quanto successo, per mostrarci che è un'invenzione, un malinteso, un errore quanto emerso negli ultimi giorni...

Invece non succede niente, e questo silenzio ancor più mette in luce l'orgoglio di una madre che non si è limitata a denunciare, ma ha posto il problema pubblicamente.

Così facendo, ha reso la questione di tutt*, ha difeso i diritti di tutt*, ci ha aiutato a capire quanto siano già in fase di riduzione.

La manifestazione dell'8 ottobre, il lavoro della rete degli Studenti, dei ragazzi e delle ragazze del Laboratorio, ha fatto emergere in questi mesi una situazione già difficile in tutti gli istituti maceratesi: assemblee d'istituto limitate, comitati studenteschi e giornalini vietati o sotto controllo, assenze 'politiche' punite, biblioteche chiuse; ciò si aggiunge alla chiusura pomeridiana delle scuole, all'aumento degli studenti per classe, al peggioramento della didattica determinati dai tagli e dalle riforme Gelmini 2008-2009.

Chiediamo alle studentesse ed agli studenti di inviare all'indirizzo lgsmacerata@gmail.com articoli o segnalare le violazioni di diritti cui hanno assistito o che hanno subito in questi mesi, al fine di dar voce al Samuele che è in ognuna delle nostre scuole: che viene ripreso, che è vittima di abusi di potere e restringimento dei diritti.

In quest'ottica, per rilanciare un movimento studentesco che si riappropria della scuola, delle sue regole e delle sue possibilità, penso che l'assemblea generale degli studenti delle scuole superiori del 20 aprile rappresenti un passaggio davvero imprescindibile. Un momento cui non si può mancare.

Per far vedere che per Samuele e per tutt* gli studenti è giusto alzare la voce, come Anna.


Stefano





10.4.11

Studente perseguitato all'Istituto d'Arte.

Uno studente dell'Istituto d'Arte, Samuele Bertè, è stato ferocemente attaccato dalla preside della sua scuola in seguito allo sciopero ed alle dichiarazioni rilasciate ai giornali durante la conferenza stampa (vedi: http://lgsmacerata.blogspot.com/2010/10/macerata-sciopero-degli-studenti-delle_08.html). Manifestazione promossa proprio dal Laboratorio Giovanile Sociale e dalla Rete degli Studenti Medi contro i tagli alla scuola.

Rimandiamo ai prossimi giorni le riflessioni e le azioni del Laboratorio, intanto lasciamo la massima disponibilità a tutt* di scrivere e condividere le loro riflessioni in merito alla vicenda, convinti che solo mettendo in comune si possa costruire una società migliore (per contributi scrivete a lgsmacerata@gmail.com) e facendo di questo sito un luogo di contro-informazione e sapere-altro.

Riportiamo immutato il resoconto della madre su quanto accaduto nelle ultime settimane, in una vicenda che ha sconvolto il mondo studentesco maceratese e molto ha fatto e farà parlare in città.

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Nell’ottobre scorso Samuele Berté rappresentante dell’Istituto d’Arte di Macerata G. Cantalamessa, partecipa insieme a centinaia di ragazzi allo sciopero nazionale contro la riforma Gelmini. Durante le dichiarazioni di tutti i rappresentanti, anche lui protesta contro i tagli e precisamente dice: “mancano i soldi per i colori, manca la carta igienica nei bagni e cadono i calcinacci in testa”. Tutto questo corrisponde a delle verità conosciute e che sono state espresse durante le varie assemblee d’istituto e Samuele fa da portavoce come prevede il suo ruolo.

A distanza di quasi 2 mesi la preside Iannotta legge la fotocopia dell’articolo esposta in bacheca.

Telefona alla madre di Samuele insultandola di avere un figlio infame. Le intima di telefonare subito alla redazione de Il Resto del Carlino per smentire le accuse infamanti la sua scuola, altrimenti avrebbe agito di conseguenza nei confronti dell’alunno. La madre non ha possibilità di replica, la preside è infuriata e poi riaggancia. Il giorno dopo la telefonata a Samuele viene comunicato dai prof che ha una NOTA DISCIPLINARE SUL REGISTRO.

Dopo pochi giorni la preside tenta la sospensione del ragazzo dalle lezioni che non viene però accettata dai professori con cui Sam ha ottimi rapporti.

Arriva una lettera a casa della famiglia in cui la preside minaccia la madre di denunciarla alle autorità competenti per CULPA IN EDUCANDO. Nel frattempo la famiglia del ragazzo si affida all’avvocato Rita Foria che denuncia l’accaduto al Ministero dell’Istruzione e all’Ufficio Scolastico sia Provinciale che Regionale affinché venga effettuata un’indagine sul comportamento della dirigente dell’Istituto.

Arriva anche il 7 IN CONDOTTA sulla pagella. L’avvocato Foria chiede alla scuola copia del verbale del consiglio nel quale è stato deciso il voto. Tale richiesta non ha alcun riscontro!

Il giorno 5 aprile 2011 la madre viene convocata dall’assistente sociale del comune di residenza. La Procura della Repubblica richiede tramite il TRIBUNALE DEI MINORI UN’INDAGINE SOCIO-AMBIENTALE sulla madre di Samuele denunciata per CULPA IN EDUCANDO.

La madre comincia la sua protesta.

Sempre sulla questione: http://lgsmacerata.blogspot.com/2011/04/i-diritti-di-samuele-sono-i-diritti-di.html
Il gruppo facebook promosso dalla madre di Samuele è: "Difendiamo Samuele" http://www.facebook.com/home.php?sk=group_216184111731801&ref=ts

7.4.11

La creatività del pensare in comune

Martedì 29 marzo, a Roma, il movimento l'AltraRiforma ha concluso un anno di lavori, assemblee e dibattiti con la pubblicazione in rete del documento Altra Riforma: “la riforma dell'Università scritta da studentesse e studenti”. Chiunque voglia lo può consultare liberamente sul sito: http://issuu.com/retedellaconoscenza/docs/altrariforma.

Hanno partecipato ai workshop e all'assemblea 227 studenti da 21 atenei italiani. Le realtà organizzate che vi hanno preso parte sono: Assemblea Permanente Urbino, Ateneo Controverso – Cosenza, Collettivo duekappaotto – Campobasso, Coordinamento universitario Link Tuscia, LINK Benevento, LINK Fisciano – Salerno, LINK Bari, LINK Kollettivo Foggia, LINK Napoli, Link Roma, LINK Siena, LINK Taranto Lista di Sinistra – Trieste, Movimento Studenti Macerata, Osserva - Osservatorio Indipendente d'Ateneo – Udine, Panenka – Bologna, Sindacato degli Studenti – Padova, Sinistra Per – Pisa, Si Studenti Indipendenti – Torino, UDU Lecce.


Non c'è democrazia senza diritto. Non c'è democrazia senza rivendicazione di diritti. Non c'è rivendicazione possibile senza movimenti di persone che si facciano responsabili di ciò che nessuno tranne essi stessi possono realizzare. Impegnarsi per la democrazia non è un'eccezione ma la condizione indispensabile, purtroppo non necessariamente sufficiente, per una sua auspicabile realizzazione. Non è un ingenuo giochetto di parole affermare che i movimenti mettono in movimento la democrazia; lo fanno credendo di poter cambiare la realtà per cui si impegnano, inventandosi nuove pratiche, creando nuovi spazi, trasformando continuamente ciò che sono e le persone che li animano: quando si genera il nuovo la democrazia si muove, quando il nuovo diventa diritto la democrazia si realizza. Una democrazia statica, cristallizzata in ciò che è, rassegnata a non poter essere diversamente, purtroppo non è semplicemente incapace di muoversi e realizzarsi, ma regredisce drammaticamente insieme ai suoi cittadini.


Diritto allo studio & welfare, democrazia & autogoverno, finanziamenti agli atenei, contribuzione studentesca, dottorato di ricerca, precari & ricerca, ruolo unico della docenza, ricerca libera, didattica: sono questi i temi affrontati dall'Altra Riforma dell'Università. A partire da qui, lottare e resistere alla non-università dei nostri tempi potrebbe significare altro dal dire sì o no ad una non-riforma dell'Università. Oltre la banalità dell'accettazione rassegnata e la rabbia del rifiuto, quest'ultima indispensabile ma sterile se finalizzata a se stessa, le giovani studentesse e i giovani studenti italiani hanno mostrato quanto possa valere la creatività del pensare in comune. In un tempo in cui l'educazione, la formazione e la cultura vengono prepotentemente estromesse da una vita sociale confinata in una non ben definibile individualità, pensare creativamente ed in comune una nuova università significa realizzare un modo di essere cittadini per certi versi davvero rivoluzionario. Questa possibilità, offerta all'Università italiana non da rettori, professori o ricercatori ma dalle sue studentesse e dai suoi studenti, si mostra come una via aperta da seguire per essere integrata e rinnovata da nuove voci e da nuove idee; anche da chi ancora non ha avuto modo di parteciparvi direttamente. La rete della conoscenza è in movimento, così le persone che la animano; un movimento comune che continuerà a qualificarsi pubblicamente anche attraverso le mobilitazioni del 9 e del 19 aprile fino allo sciopero generale indetto per il 6 maggio; momenti di aggregazione e rivendicazione pubblica in cui il pensare potrà, forse, trovare nuovi stimoli per migliorarsi.


Tuttavia, una questione assilla chi scrive questo articolo da un po' di tempo: Michel Foucault, che ha fatto della sua vita una pratica del pensare, prima di scrivere una delle sue opere più controverse, quale poi si è rivelata Sorvegliare e punire, partecipò attivamente al GIP, Gruppo d'informazione sulle prigioni; senza questo lavoro diretto di informazione e conoscenza sul campo, probabilmente non sarebbe stato in grado di scrivere la sua opera, o quantomeno l'avrebbe scritta diversamente. Si potrebbe dire che non sarebbe stato in grado di pensare la prigione. Direi che la questione/provocazione potrebbe essere avanzata così: siamo in grado oggi di pensare l'Università? In parte certamente sì, e il movimento AltraRiforma lo mostra ampiamente; tuttavia, permane, se non altro in chi scrive questo articolo, il dubbio che questo percorso attraverso il mondo dell'Università, orientato ad una sua vera rinascita, necessiti di un'informazione rinnovata. Un'informazione dalla quale far nascere quella consapevolezza materiale della vita universitaria che permetta veramente di pensarla diversamente da come l'abbiamo pensata finora, oltre ogni freno più o meno riformatore, in comune e creativamente. Un Gruppo d'informazione per l'Università?...


Alessandro Colella

3.4.11

Questione di genere: Luce Irigaray a Macerata.

Negli ultimi mesi Lucia, Camilla, Valentina, ma anche Alessandro e Martina, hanno contribuito a stimolare una riflessione sulla questione di genere, cercando di andare un po' più a fondo dentro un'analisi dei rapporti (politici, economici, simbolici) tra i sessi e in specifico del genere femminile dentro la nostra società. Presentando libri, condividendo pensieri e riflessioni, si è tentato di andare ben al di là delle critiche 'leggere' che richiamano il caso Ruby o denunciano Berlusconi come 'l'esempio di uomo malvagio', facendo così un torto ad una tradizione (politica, filosofica, sessuata) che molto ha capito, rivendicato, ottenuto fin dagli anni '60.

Proprio una delle più note e rinomate studiose dell'antropologia della differenza, Luce Irigaray, sarà a Macerata questa settimana con una serie di seminari ed una conferenza aperta alla cittadinanza.

Invitiamo tutti a partecipare, e riportiamo di seguito gli appuntamenti ed i link utili per una introudzione alla studiosa ed agli incontri.



Antropologia della differenza di genere

Prof.ssa Luce Irigaray, Direttrice di ricerca CNRS - Paris

Calendario delle lezioni - Macerata, Facoltà di Filosofia

Lunedì 4 aprile 2011 ore 16.00-18.00: Il linguaggio

Martedì 5 aprile 2011 ore 10.00-12.00: Il dialogo

Mercoledì 6 aprile 2011 ore 10.00-12.00: La differenza e la trascendenza

Giovedì 7 aprile 2011 ore 10.00-12.00: Una nuova antropologia

Venerdì 8 aprile 2011 ore 10.00-12.00: Conclusione e verifica finale


Amare l'altro in quanto altro.


Prof.ssa Luce Irigaray, direttrice di ricerca CNRS - Paris


Martedì 5 aprile 2011 ore 18.30 presso l'Aula Magna dell'ateneo.


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Il percorso del Laboratorio Giovanile Sociale sulla questione di genere: http://lgsmacerata.blogspot.com/search/label/Questionedigenere


Chi è Luce Irigaray: http://it.wikipedia.org/wiki/Luce_Irigaray


La presentazione dell'incontro pubblico di Martedi 5 aprile: http://www.comune.macerata.it/Engine/RAServePG.php/P/142811CMC0300/M/32241CMC0315


Il corso di eccellenza che si terrà durante tutta la settimana, dal 4 all'8 aprile: http://www.unimc.it/didattica/offerta-didattica/corsi-di-eccellenza/110404-CorsoEcc-AntropologiaDifferenza.pdf