29.3.11
Report incontro nazionale per l'AltraRiforma
26.3.11
Roma in blu: acqua e nucleare.
Erano più di trecentomila i manifestanti per i tre si ai referendum sull’acqua pubblica e contro il nucleare, che hanno sfilato questo pomeriggio a Roma, da piazza della Repubblica a San Giovanni. Il corteo era aperto dagli striscioni del Forum italiano dei movimenti per l’acqua e del comitato contro il nucleare, seguiti dai gonfaloni di decine di comuni e province, con i sindaci schierati a sostenere l’appuntamento con i referendum di giugno. Subito dopo la parte più consistente del corteo, quella dei comitati locali, che da anni si battono contro la gestione pubblica dell’acqua.Guarda la galleria fotografica.Già verso le 17 piazza San Giovanni si stava riempiendo con i tanti gruppi arrivati a Roma in mattinata. E’ questa la terza manifestazione nazionale che chiede di bloccare la privatizzazione dell’acqua. Dal primo appuntamento del 2009 la partecipazione è aumentata, passando per la cifra record di firme raccolte per i quesiti referendari lo scorso anno, oltre un milione e quattrocentomila adesioni.
23.3.11
Cambiare l'Università: incontro nazionale per l'AltraRiforma
Dopo mesi intensi di mobilitazione crediamo sia importante incontrarsi e ripartire dai contenuti della nostra mobilitazione. Serve infatti una discussione pubblica che non si incentri solo sui tempi, bensì sui temi. Promuoviamo quindi un'occasione di confronto aperta a tutte le realtà studentesche universitarie che in questi mesi hanno condiviso in tutt'Italia il percorso di altrariforma dell'università. Invitiamo tutti a rileggere il testo provvisorio dell'altrariforma, aggiornato all'ultimo incontro nazionale, che si è svolto a Torino nell'occupazione di Palazzo Campana. (ecco il testo dell'altrariforma). Sarà importante potersi confrontare sulla riforma degli statuti alla luce dell'approvazione della riforma Gelmini. Abbiamo da tempo preparato, con un lavoro da parte di studenti di tutt'Italia, un opuscolo di proposte sulla riforma degli statuti. Sarà anche e soprattutto un momento di confronto, in vista di una nuova stagione di lotte, verso lo sciopero generale del 6 maggio. Due giorni con un'assemblea e dei workshop tematici per ripubblicizzare l'università e liberare l'Italia. VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=DKfvNsCkr5k Ecco il programma: MOVIMENTO STUDENTESCO: L'ALTERNATIVA ALLA FUGA incontro nazionale per l'AltraRiforma 26 marzo - Facoltà di Economia - Università la Sapienza - Roma ore 9:30 - inizio dei lavori - introduzione e presentazione del testo dell'AltraRiforma di Palazzo Campana Occupato ore 10 - 14 - workshop tematici: - diritto allo studio, nuove forme di welfare, tra nuovi bisogni e vecchi tagli - reinventare la partecipazione, ricostruire la democrazia negli atenei - cosa imparare, come imparare: ripensare la didattica - riscrivere i bilanci, ridisegnare la tassazione - riforma degli statuti: il punto della situazione dalle 14:30 i workshop sono sospesi per consentire la partecipazione all'importante manifestazione nazionale sull'acqua bene comune, verso il referendum. ore 22 - concerto Krikka Reggae - CSOA Intifada 27 marzo -facoltà di Sociologia - La Sapienza - Roma ore 9:30 - assemblea plenaria verso lo sciopero generale: il movimento studentesco tra ripubblicizzazione dell'università e liberazione dell'Italia
Segnaliamo anche l'appuntamento di Ateneiinrivolta: http://www.ateneinrivolta.org/organizziamo_rivolta che sicuramente integra e cammina parallelamente.
22.3.11
"Le Beatrici" di Stefano Benni
Ringraziamo ancora Martina e la Libreria Leggimi di Ancona per la recensione del testo di Stefano Benni.
Scrivere qualcosa di un libro di Stefano Benni è estremamente difficile e forse ha davvero poco senso. Perché bisogna leggerlo. Punto. Non c'è descrizione, frase, recensione che renda davvero l'idea. E chi ha avuto a che fare con libri di questo geniale autore capirà senza dubbio che cosa intendo. Questi ot...to monologhi per voce femminile sono comunque eccezionali. Ti fanno ridere, pensare, commuovere, incazzare; ti "smuovono". E tutto questo in appena 92 pagine. Alcune di esse sono forti, altre nostalgiche e delicate, altre assolutamente esilaranti, o assurde. In fondo non sono così diverse dalle donne stesse. Non sono così diverse dal variegato e complesso mondo femminile. Non c'è bisogno di elencare una ad una le 8 protagoniste dei monologhi: ci si può solamente limitare a dire che esse rappresentano, con eccessi e caricature, alcuni aspetti, negativi e positivi, della femminilità contemporanea. Ma non è tutto qui: richiami alla politica odierna, riflessioni sulla vecchiaia e sul senso di solitudine dei nostri anziani, sulle aspirazioni delle nostre giovani ragazze, sulla tragicità dei nostri tempi, sull'assurdo dei nostri schemi. Mi sentirei di segnalare due parti in particolare che mi hanno conquistato completamente: il monologo di Beatrice e la canzone per Fabrizio De André. Beatrice è proprio lei, quella di Dante, quella cantata e resa famosa dal poeta. Ora è lei a prendere la parola e a raccontare la sua verità. Sette pagine di pura genialità e assoluta comicità. Splendide. La canzone per De André rappresenta l'altro lato dello scrittore: quello lirico, profondo, poetico. Si tratta effettivamente di un componimento che De André avrebbe dovuto mettere in musica. Ma questo non accadde mai, perché morì.Leggete Le Beatrici. Assolutamente. Non c'è molto altro da dire.
18.3.11
La tragedia del Giappone e il nostro dolore
Stefano
17.3.11
Tanti auguri Italia mia.
Tanti auguri Italia mia, e nemmeno un altro di questi giorni!
ItaGLiani basta con questo nauseante patriottismo dell’ultima ora, vi sentite apposto con la coscienza se per un giorno fate finta di sentirvi parte di uno Stato?
Essere cittadino non significa : piazzare la bandiera al balcone di casa, tingersi i capelli e truccarsi col tricolore, comprare le scarpe “limited edition” solo per il 150°,cantare il solito pezzo di inno, fare il matrimonio in tinta con la bandiera (tutte cose viste nel tg2 di oggi).
La dote tutta italica di mercificare anche quello che non dovrebbe MAI avere un prezzo: valori, sentimenti, spiritualità, dignità…
Massimo D’Azeglio disse : “abbiamo fatto l’Italia, adesso dobbiamo fare gli italiani”; guardandomi intorno io non vedo Italiani (con la lettera maiuscola), o perlomeno ne vedo troppi pochi; vedo persone correre dietro un’idea lontana. Domani chi si ricorderà di far parte di uno Stato? Credo che la maggior parte, anzi tutti, riprenderanno la loro normale vita da menefreghisti e qualunquisti.
Eppure, a mio avviso, basta così poco per essere cittadini e costruire una nazione, anche un piccolo gesto come buttare una cartaccia nel cestino invece che per terra. So che la città non è né solo mia né solo degli altri, è NOSTRA, è della collettività; e quindi la tratto col debito rispetto in quanto bene comune.
Manca la coscienza della collettività, c’è troppo egoismo nei cuori delle persone che vivono in Italia.
Spero di vedere una vera festa per l’Unità d’Italia tra 50 anni, sentita e partecipata da tutti con la mente e col cuore.
Camilla Cagnoni
Uniti per lo sciopero, ci vediamo a Roma
14.3.11
Il ministro della distruzione
Sono un’insegnante di sostegno, supplente, con contratto a termine.
Ieri la ministra della mia categoria, colei che dovrebbe rappresentarmi, e colei da cui mi dovrei sentire protetta, è intervenuta nel programma “Che tempo che fa” in un’intervista che non merita di essere chiamata tale, a mio modesto avviso, in quanto altro non è stato che una tribuna politica.
Ho cercato e, con fatica, trovato il coraggio di ascoltarla e dopo imprecazioni e mal di stomaco per l’umiliazione e per la rabbia, provo a passare in rassegna i vari concetti e argomenti trattati dalla Gelmini. Vorrei farlo portando la mia testimonianza diretta, parlando di fatti quotidiani del mio lavoro.
Si parla di eccesso di personale: ci sono più insegnanti che carabinieri. Bhè…me ne compiaccio. Uno Stato in cui è lasciato più spazio alla cultura che alla paura è uno stato che mi rappresenta! Ma la ministra non la pensa così, sembrerebbe che le forze dell’ordine le stiano più a cuore! Che abbia sbagliato ministero?
Ma scendiamo nei fatti: nella mia scuola manca, a causa dei tagli, una figura docente (eppure non ci sono stati licenziamenti a sentir parlare lei!). E che sarà mai, una sola!? Una in più una in meno…Le conseguenze? Non esistono più compresenze, momenti in cui la tanto acclamata qualità emergeva, in quanto, ad esempio, si divideva la classe e si sfruttava l’aula di informatica, dove è impossibile andare con l’intero gruppo, perchè i pc sono 6, al massimo 7, quando il settimo decide di funzionare; oppure si organizzavano gruppi di rinforzo, in cui anche i ragazzini che necessitavano di più tempo, potevano raggiungere gli altri negli apprendimenti.
Una seconda conseguenza va a cadere sulle spalle dei bambini con disabilità, le cui preziosissime ore (che purtroppo sono sempre troppo poche) vengono utilizzate dalla scuola (che si trova costretta ad adottare questi rimedi) per coprire l’orario scolastico. Ma tanto, come dice lei, ci sono nella scuola disabilità inventate. Ma non si rende conto del dramma familiare che può esserci dietro all’accreditamento della disabilità? Come si può fregare su una cosa del genere?
Va bè…ma il punto è che si aveva bisogno di piazzare del personale, la scuola in fondo è un ammortizzatore sociale. Con questa affermazione ha praticamente demolito la credibilità della nostra classe, umiliandola e screditandola, accusandoci praticamente di parassitismo. La competenza, la passione nel lavoro, la dedizione sono scomparsi di colpo. Ma lei ha un rimedio anche a questo! Gli insegnanti potranno mostrare la propria preparazione, perche verranno valutati! Ma valutati in base a cosa? In base ai risultati, ovvero in base alle nozioni che riusciremo a trasferire nelle teste degli allievi.
Il ruolo del’insegnante, pieno di sfumature che vanno dalla pedagogia, alla psicologia all’educazione civile, svilito a un wikipedia con braccia e gambe.
Il docente è innanzitutto educatore. Ma questo come faranno a valutarlo???
La scuola quindi ridotta a una corsa ai voti, alla competizione. Senza prendere affatto in esame la generazione dei ragazzini con cui ci troviamo a lavorare: una generazione ricca di contenuto e di sensibilità, che non accetta come forma educativa quella dell’autoritarismo.
Parliamo di questo!Della necessità di cambiare rotta pedagogica!
Ma non può saperlo questo la ministra, non è del mestiere!
lucia
13.3.11
TUTTI INSIEME IN DIFESA DELL'ACQUA PUBBLICA
Mercoledì 9 Marzo, al SISMA a Macerata, alle ore 19.00, si è riunito il coordinamento del comitato provinciale per l'acqua pubblica.
L'argomento centrale della riunione è stato l'organizzazione in vista del referendum sull'acqua, che con tutta probabilità si svolgerà il 12 Giugno.
Il Laboratorio Giovanile Sociale, come realtà attiva sul territorio, è stato invitato ed è stato puntalmente presente a questo appuntamento, appuntamento che continua la sfida lanciata con la raccolta delle firme e che si concluderà con il voto del prossimo Giugno.
Presenti a questa riunione tra gli altri, anche alcuni membri del Movimento degli Studenti, l'Equo e Solidale, La Fabbrica di Nichi, il Centro Sociale (che ospitava l'incontro)...
L'obiettivo è sicuramente ambizioso visto che il raggiungimento del quorum è quasi proibitivo e di primo acchitto rende sfiduciati e pessimisti, a maggior ragione perché non si ha per il momento una sponda politica, visto che i partiti più grandi sono nella migliore delle ipotesi indifferenti, ma non è possibile pensare di arrendersi perché questa volta il risultato da ottenere è troppo importante, votare sì al referendum significherà affermare ancora una volta a gran voce che certi beni NON sono in vendita!
Si è, dunque, deciso di impegnarsi al massimo per far sì che questo risultato possa essere conquistato, mettendo in campo tutte quelle realtà cittadine, rete di contatti, associazioni e gruppi di cittadini che hanno a cuore la difesa dei beni comuni. In quest'ottica il Laboratorio può dire con forza la sua, cercando di coinvolgere attivamente tutti i propri contatti e in più attivandosi per realizzare delle iniziative in prima persona per informare la cittadinanza riguardo i quesiti referendari, per creare consenso e aiutare a raccogliere fondi.
A questo proposito, dalla riunione è emerso che il Forum dell'acqua pubblica per quanto riguarda la Regione Marche ha bisogno di 7.000€ per coprire le spese per il referendum, di cui 2.000€ spettano al coordinamento della Provincia di Macerata. Per questo è fondamentale la raccolta di fondi anche a livello delle varie associazioni.
Si è espressa anche una certa preoccupazione per la posizione del PD, altalenante tra un appoggio molto flebile, un disinteresse o addirittura in certi casi quasi di ostilità. Anche da questo è nata l'esigenza di guardare oltre i partiti e concentrarsi più sulla cittadinanza e sulle associazioni.
Si è ricordato che il primo degli appuntamenti previsti per sensibilizzare sul tema si terrà il 26 marzo a Roma per l'acqua bene comune e, in caso di massicca partecipazione provinciale, verrebbe istituito un pullman da Macerata.
L'ultima cosa da segnalare, ma sicuramente non in ordine di importanza, è l'evento previsto a Macerata per sabato 19 alle ore 16. Si prevede di fare un flash mob, dal titolo "chi lo dice che con l'acqua non si brinda?" e sarà organizzato dal Comitato provinciale per l'acqua pubblica con la partecipazione e l'aiuto del Laboratorio Giovanile Sociale, La Fabbrica di Nichi, il Movimento degli Studenti e con altre associazioni giovanili del territorio.
Per il momento sia le associazioni partecipanti, sia la modalità e il luogo dell'evento sono ancora da concordare. A questo proposito mercoledì 16 marzo alle 18.30 presso l'atrio di Filosofia, ci sarà un incontro tra le varie realtà del territorio per definire i dettagli mancanti.
Comunque qualsiasi novità, sia riguardo questo evento sia per quelli futuri, verrà prontamente segnalata in questo blog.
Daniele Benedetti - Laboratorio Giovanile Sociale.
10.3.11
Festa della donna e forme della solidarietà
Sono solo alcune delle modalità con cui la violenza penetra nella vita della donna creando lentamente quella spirale paralizzante di angoscia e paura, che annienta, nel vuoto del silenzio, il desiderio che le cose possano cambiare. Tale sacrificio quotidiano e silenzioso crea intorno a sé un vuoto di gioie e libertà, che rimanda sia all'impossibilità di trovare una “sicurezza” separata dalla dipendenza violenta da un uomo, sia all'assenza di un appiglio reale a cui aggrapparsi per tentare di rinascere in un'altra vita. A questo silenzio va data voce. La politica, allora, nella veste democratica di ciascun cittadino, dovrebbe sentirsi responsabile di riempire questo vuoto di “musica e parole”, citando Vecchioni (non certo di “bunga bunga”, per citare altri). Non il potere del denaro ma la vita delle parole, infatti, potrebbe avviare un processo di trasformazione culturale, capace di mettere in opera quella sensibilizzazione dello spirito, che avvicini ciascun cittadino ad una quotidiana cura per le ferite inferte alla donna: da una nuova comunità di persone democraticamente impegnate è possibile restituire alla donna un'altra sicurezza ed un'altra realtà in cui poter riscoprire la bellezza di vivere. Seguendo le indicazioni di Amnesty per la prevenzione della violenza domestica, il fiorire di questa solidarietà democratica potrebbe, cioè, favorire la crescita di pratiche orientate a:
condannare pubblicamente la violenza domestica; aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica su tale violenza; ripensare la scuola come luogo di educazione all'attraversamento dei pregiudizi alla base della violenza domestica; “abolire le leggi che discriminano le donne”; “assicurare che la violenza domestica sia considerata un reato”; “indagare e svolgere procedimenti giudiziari sulle denunce di violenza domestica”; “rimuovere gli ostacoli nei procedimenti su casi di violenza domestica”; “rendere obbligatoria la formazione del personale statale sulla violenza domestica”; “assicurare finanziamenti adeguati”; “realizzare e mettere a disposizione case rifugio per le donne in fuga dalla violenza domestica”; “fornire servizi di sostegno e assistenza”; “ridurre il rischio di violenza armata”; “raccogliere e pubblicare i dati sulla violenza domestica”; “far conoscere alle donne i propri diritti”.
Questo, mi auguro, sarà lo spirito che riempirà le piazze dei comuni marchigiani, creando le condizioni per la diffusione di molteplici forme di solidarietà politica e culturale, in grado di colmare il vuoto prodotto dalle forme della violenza. Le manifestazioni saranno costruite “attorno a due elementi portanti: l’invasione pacifica di cento sagome di donna a grandezza naturale che ridisegneranno il volto delle piazze ospitanti e una straordinaria maratona di lettura di storie di donne colpite dalla violenza e tratte dalla letteratura di tutti i tempi, a cui potranno liberamente aderire tutti i cittadini. La lettura collettiva sarà un modo diverso di far festa nel tentativo di generare una comunità umana consapevole”. Una lettura collettiva per una comunità umana consapevole.
Alessandro Colella
8.3.11
8 Marzo
Nel giorno in cui ricordarsi della donna diventa quasi un obbligo, che assume la tinta giallo intenso del solito consumismo, il Laboratorio Giovanile Sociale (LGS), in linea con le iniziative portate avanti sino ad oggi sulla questione femminile, vuole cogliere l’occasione per ribadire la necessità di dare vita a percorsi e spazi di riflessione e azione partecipati, per non lasciare che il dibattito sulle tematiche di genere si spenga in favore di false rivendicazioni e sterili moralismi.
Le conquiste della donna, a cominciare da quel voto tanto atteso dopo la seconda guerra mondiale e le rivendicazioni sessantottine e dei successivi anni settanta, sono l’emblema delle lotte per affermare la necessità di essere cittadine attive di un Paese, uguali davanti alle legge e portatrici degli stessi diritti. E’ proprio volgendo lo sguardo a quelle lotte che oggi più che mai stride una società che vanta diritti costituzionali impeccabili a fronte di un mancato riconoscimento sociale della donna. Una società in cui ci si affanna a ricercare la differenza tra il maschile e il femminile, dimenticando di dare spazio alla realizzazione della persona in quanto tale, alla possibilità di autodeterminarsi e di poter esprimere le proprie esigenze di felicità; termine scomparso dalla scena sociale e politica di questa Italia.
Oggi più che mai i dibattiti politici e sociali hanno bisogno di puntare l’attenzione non sulla divisione epocale e spocchiosa tra donne madri e per bene e donne immorali, bensì sulla necessità del rispetto e del riconoscimento della donna in quanto individuo. Un individuo che non ha riconoscimento sociale non esiste; non sente di essere parte attiva e fondamentale di un sistema, anche se la costituzione ne afferma i diritti fondamentali. A questo si associa una riflessione dovuta sul nostro sistema educativo e sul ruolo della donna, che si riflette nella famiglia, nella scuola e nel lavoro. Un sistema centrato sull’uomo e sull’eterna contrapposizione tra i sessi, nella quale la donna è “naturalmente” il soggetto inferiore. E allora non basta ricordare che la donna e l’uomo hanno pari dignità e pari diritti, occorre agire sul disincanto delle donne di oggi, consapevoli di non essere padrone del loro destino e delle loro rivendicazioni, poiché esse sembrano essere solo articoli splendidamente confezionati e impressi nelle pagine della Costituzione.
Le donne che scendono in piazza in questo tempo, per dire che ne hanno abbastanza, hanno il diritto di pretendere una società diversa e hanno la forza per ottenerla.
LGS
5.3.11
Il mondo arabo come laboratorio di sperimentazione politica
Le rivolte hanno immediatamente fatto pulizia dell’ideologia e spazzato via ogni concezione razzista dello scontro di civiltà che assegna la politica araba al passato. Le moltitudini a Tunisi, il Cairo e Bengasi mandano in frantumi lo stereotipo politico secondo cui gli arabi sono costretti a scegliere tra dittature laiche e fanatiche teocrazie, o che i musulmani sono incapaci di libertà e democrazia. Anche il chiamare queste lotte “rivoluzioni” sembra trarre in inganno molti commentatori che assumono la progressione di eventi secondo la logica del 1789, del 1917 o di altre ribellioni del passato contro re e zar.
Le rivolte arabe si sono infiammate sul tema della disoccupazione e hanno avuto al centro le ambizioni frustrate di una gioventù che ha studiato nelle università – una popolazione che ha molto in comune con gli studenti che protestano a Londra e Roma. Sebbene la prima richiesta proliferata nel mondo arabo si è concentrata sulla fine della dittatura e dei governi autoritari, dietro questo grido stanno una serie di domande sociali rispetto al lavoro e alla vita; non solo la fine di dipendenza e povertà, ma anche per il potere e l’autonomia di una popolazione intellettuale e altamente competente. Che Ben Ali e Mubarak o anche Gheddafi lascino il potere è solo il primo passo.
Il modello di organizzazione delle rivolte sembra riprodurre ciò che abbiamo visto per decenni in altre parti del mondo, da Seattle a Buenos Aires, da Genova a Cochabamba: una rete orizzontale senza un leader centrale. Le organizzazioni tradizionali dell’opposizione possono prendere parte a questa rete ma non possono dirigerla. Gli osservatori stranieri hanno provato sin dall’inizio a nominare un leader per le rivolte egiziane: forse Mohamed ElBaradei, forse Wael Ghonim. Hanno paura che i Fratelli Musulmani o qualche altra organizzazione esistente possa prendere il controllo degli eventi. Quello che non capiscono è che la moltitudine è in realtà capace di organizzarsi senza un centro – che l’imposizione di un leader o la cooptazione nelle mani di un’organizzazione tradizionale minerebbe il potere della moltitudine. La diffusione nelle rivolte dell’uso dei social network come facebook, youtube e twitter, sono il sintomo e non la causa di questa struttura organizzativa. Queste sono le forme dell’espressione di una popolazione intellettuale capace di usare gli strumenti che ha a portata di mano per organizzarsi autonomamente.
Sebbene questi movimenti organizzati a rete rifiutino una leadership centrale, devono ciononostante consolidare le loro richieste in un nuovo processo costituente che lega i segmenti più attivi della ribellione con i desideri della popolazione nel suo insieme. Le insurrezioni della gioventù araba non mirano certamente ad una costituzione liberale di tipo tradizionale che garantisce semplicemente la divisione dei poteri e una normale dinamica elettorale, ma al contrario puntano ad una forma di democrazia adeguata alle nuove forme di espressione e ai nuovi bisogni della moltitudine. Questa deve includere, al primo posto, il riconoscimento costituzionale della libertà di espressione – non nella forma tipica dei media dominanti, che sono costantemente soggetti alla corruzione dei governi e delle élite economiche, ma come espressione delle esperienze comuni di reti relazionali.
Secondariamente, dato che queste sommosse sono state innescate non solo dalla diffusione di disoccupazione e povertà, ma anche da un generalizzato senso di frustrazione delle capacità produttive ed espressive, soprattutto tra i giovani, una risposta costituzionalmente radicale deve inventare uno schema comune per gestire le risorse naturali e la produzione sociale. Attraverso questa soglia il neoliberismo non può passare e lo stesso capitalismo è messo in discussione. Anche le regole islamiche sono completamente inadeguate a soddisfare tali esigenze. Su questo terreno, le insurrezioni non toccano soltanto gli equilibri del Nord Africa e del Medio Oriente ma anche il sistema della governance economica sul piano globale.
A partire da queste considerazioni la nostra speranza è che il ciclo di lotte che si sta diffondendo nel mondo arabo diventi nei prossimi decenni ciò che l’America latina è stata nei decenni passati, che possa ispirare movimenti politici e sollevare aspirazioni di libertà e democrazia al di là della regione. Ognuna di queste rivolte, certamente, può fallire: i tiranni possono lanciare una repressione sanguinaria, le giunte militari possono provare a rimanere al potere, i tradizionali gruppi di opposizione pilotare i movimenti e le gerarchie religiose lottare per prendere il controllo. Ma ciò che non morirà sono le rivendicazioni politiche e i desideri, le aspirazioni di una giovane generazione intellettuale ad una vita diversa in cui possono mettere a valore le proprie capacità. E finché queste rivendicazioni e desideri saranno in vita il ciclo di lotte continuerà. La questione è cosa questi nuovi esprimenti di libertà e democrazia insegneranno al mondo nei prossimi decenni.