27.1.11

Cosa significa Giorno della Memoria

Il termine campo di concentramento è stato usato inizialmente per descrivere campi costruiti dal Regno Unito nella seconda guerra borea in Sudafrica. Tuttavia, il termine ha perduto molto del suo significato originale dopo la scoperta dei campi di concentramento nazisti e da allora il suo significato precipuo è stato quello di luogo di patimenti e sofferenza, lavoro forzato e, soprattutto, di morte. È stato calcolato che 15.000 campi furono installati in stati dell'Europa occupati dalla Germania nazista, non tenendo conto di piccoli campi creati ad hoc per la popolazione locale. Il totale delle vittime ammonta a circa 6 milioni di morti dal 1933 al 1945 (la somma algebrica dei dati qui sopra riportati, tenuto conto delle note, dà 5.919.482). Queste morti sono concentrate per la stragrande maggioranza dal 1939 al 1945; infatti se si contano le vittime dei campi già attivi prima del '39 si arriva "solo" a 370.000 (ed è anche da notare che questa è una cifra totale, che riguarda strutture attive ad es. dal 1933 al 1945: nella cifra in sé non c'è indicazione se queste vittime siano state uccise prima del '39 o dopo).

http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_dei_campi_di_concentramento_nazisti#Lista

Oggi nel giorno della memoria, vogliamo ricordare le tante, troppe vittime di quel progetto indicibile che ha visto la morte di innocenti, tra i quali ebrei, slavi, rom e sinti, dissidenti tedeschi, polacchi, comunisti, omosessuali, testimoni di geova e pentecostali. Non possiamo dimenticarli e dobbiamo continuare a studiare come si sviluppò quel progetto, non la follia di un pazzo, ma la calibrata azione di un regime, per indignarci di fronte ai tanti genocidi che si consumano oggi e che si sono consumati nel silenzio dell'indifferenza.

Nel mondo sono incorso 24 conflitti: Medio Oriente, Asia, Africa, Europa, America Latina. Senza considerare i muri che ci sono nel mondo e che fisicamente dividono, uccidono e favoriscono l'odio, primo fra tutti quello costruito da Israele ai danni dei Palestinesi: più di 700km.

Con la consapevolezza che non possiamo celebrare la giornata della memoria senza pensare a quelli che sono i genocidi di oggi, i campi di concentramento e di sfruttamento del mondo occidentale, i discriminati per le loro idee, le convinzioni sessuali e le credenze religiose, gli stili di vita. E' fondamentale essere capaci di indignarci di fronte a queste situazioni, di fronte a chi in questo mondo non ha diritti e continua a non averli nel silenzio colpevole di chi sa ma non si mette in gioco per cambiare le cose, di chi sa ,ma sfrutta la situazione, di chi sa ma fa finta di non sapere per non mettere in discussione le sue certezze, di chi sa ma preferisce sia così.

Ecco, credo sia questo il modo per celebrare dignitosamente questa memoria importante e sempre viva, viva affinché possiamo essere capaci di vedere e agire, con coraggio e convinzione, consapevoli che non serve a nulla ricordare una tragedia simile se permettiamo in silenzio che anche oggi accada la stessa cosa....

Valentina

25.1.11

Portare la Palestina a scuola...

Più che (soddi)sfatti torniamo a casa dall'assemblea d'istituto di Ragioneria.




Il Laboratorio ha portato a 1000 persone la testimonianza di un conflitto vero, quello in Medioriente, e di una sofferenza vera, quella del popolo palestinese.

Gli abbracci ed i ringraziamenti, il silenzio e gli interventi ci ripagano degli sforzi fatti e ci invitano ulteriormente a prendere posizione e impegnarci laddove regna l'ingiustizia, perché raccontare (mostrare, far vedere, svelare) i regimi di oppressione non è inutile, anzi: la gente ascolta, i giovani si indignano, gli esclusi riprendono voce.


Abbiamo parlato di educare all'indignazione, alla presa di posizione, ad alzarsi dalla sedia, a lottare contro chi opprime.

La disponibilità e buona volontà dei rappresentanti dell'istituto e del carissimo Leonardo Gironella, oltre che delle professoresse che ci hanno supportato, hanno aperto davvero il campo ad un racconto della marginalità come raramente accade nelle scuole.


Dobbiamo rilanciare questo impegno, che è l'impegno del Laboratorio Giovanile Sociale come della Rete degli Studenti Medi, a riaprire la discussione: sugli spazi e l'autonomia degli studenti, sulle tematiche, sulle possibilità di cambiamento, sull'inclusione e contro l'emarginazione.

Va rilanciata la coscienza critica e l'impegno politico nelle scuole, contro chi si oppone all'autonomia degli studenti o pensa solo alla propria sterile posizione politica.


Un grazie a tutt*, un grazie a chi ha saputo ascoltare e organizzare, un grazie a chi ci accompagnerà ancora in questa battaglia di civiltà e comunità.


PS: il 6 maggio siamo tornati a scuola, all'ITAS di Macerata, invitati dai rappresentanti d'istituto che abbiamo sostenuto alle elezioni, dimostrano che fare rete significa fare cultura, informazione e politica. Anche a loro va il nostro grazie per aver dato voce ad un popolo sofferente, e per aver voluto ascoltare la verità capendo cosa avviene in terra di Palestina


Stefano, Laboratorio Giovanile Sociale

23.1.11

Esistono anche altre donne.

In questi giorni si assiste allo show triste e decadente di un anziano di 74 anni ossessionato dalla sua presunta e ostentata virilità.

Lo specchio di una società mafiosa e machista, che non esita a ledere la dignità dell’essere umano. Molti sono passati sotto questo malsano trattamento: i lavoratori, i disabili, i giovani precari, i giovani universitari.

E le donne.
Ma questo continuo mancare di rispetto alla figura femminile è ormai cosi abituale che non ci si scandalizza più nel vedere un premier che sceglie le proprie amanti dal suo catalogo personale.
E per quel che mi riguarda sono personalmente stanca di essere rappresentata da queste donne di gomma, che disonorano tutte le altre, stanca delle facce da maiali degli uomini coinvolti e di quelli complici, stanca di scherzarci su, sono stanca dei sorriseti maliziosi.
Sono stanca.
Esistono anche altre donne.


(Le staffette partigiane, Rosa Parks, Frida Kahlo, Alda Merini , Anna Magnani, Geraldine Hoff Doyle, Aung Sann-Suu-Kyi, le studentesse in protesta contro la riforma universitaria, Odetta, Virginia Wolff, Margherita Hack, madri....)




22.1.11

In diretta da Marghera: il meeting di Uniti contro la crisi

Oggi inizia a Marghera, presso il centro sociale Rivolta, la due giorni di incontri, workshop, confronti e analisi tra le tante comunità che rEsistono sui territori, si riappropriano degli spazi, difendono i diritti del lavoro e dell'ambiente, alla socialità e alla condivisione dei saperi.
Un passaggio importante e molto bello, che mette assieme la Fiom ed il movimento studentesco, i laboratori sociali ed i movimenti per l'acqua, i precari, i centri sociali ed i migranti.
Due giorni di workshop per tessere altro filo alla rete intracciata da Uniti contro la crisi, il cartello costituito dopo la manifestazione Fiom del 16 ottobre scorso da sindacalisti e attivisti di movimento. Sabato 22 e domenica 23, al centro sociale Rivolta di Marghera. «L'arroganza dei poteri forti pone con urgenza la questione dell'elaborazione collettiva di un programma sociale condiviso attorno al quale disegnare un'alternativa possibile a ciò che ci è imposto dall'alto con violenza e ricatto», scrivono gli organizzatori. Di qui l'esigenza di «una nuova elaborazione politica», che sia alla base di una nuova idea di società. I workshop tematici si svolgeranno sabato, mentre domenica sarà l'assemblea plenaria a trarre le fila della discussione.
Tre, gli spazi seminariali. Il primo: «Democrazia e saperi come bene comune: verso gli stati generali della conoscenza», perchè i conflitti sociali degli ultimi mesi indicano come studenti, precari della scuola e dell'università, lavoratori della cultura e dello spettacolo, «sono diventati protagonisti di una battaglia che pone la condivisione del sapere , la sua socializzazione, al cuore dei processi di liberazione di tutti e di ciascuno». Il secondo workshop si occuperà di democrazia e beni comuni «tra crisi e cologica e riconversione produttiva, per un nuovo modello di sviluppo». Infine, democrazia e welfare, «salario, reddito, redistribuzione della ricchezza». La giornata di sabato sarà conclusa, alla sera, da un forum a cui partecipano, oltre al manifesto, Global, Alternative per il socialismo, Carta, Liberazione, Alfabeta, Micromega e Radio Popolare Roma. Domenica invece, assemblea plenaria conclusiva.
Su http://www.globalproject.info/ la diretta e il programma dell'evento.

19.1.11

Fiom e Laboratorio per i diritti e il lavoro.

Ieri sera si è tenuto l'incontro promosso dal Laboratorio Giovanile Sociale "Da Mirafiori a Macerata: cosa significa essere operai oggi". Un momento di autoformazione collettiva, di ascolto delle parole del lavoro di fabbrica.
Sono intervenuti, in maniera assolutamente spontanea e orizzontale, Rossella Marinucci -coordinatrice cittadina della Fiom- e alcuni operai della Faggiolati, azienda in cui il Laboratorio ha stimolato processi di partecipazione attiva attraverso il tesseramento alla stessa Fiom.
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Tutti quanti siamo usciti arricchiti da un incontro originale, di ascolto prima che di proposta, attraverso il quale si è messa a fuoco la condizione dell'operaio di fabbrica, anche attraverso le parole del sindacato che di più, in questi anni, ha lavorato per la difesa dei diritti dei lavoratori. Le 40 persone presenti, quasi tutte di età inferiore ai trent'anni, hanno così dato via ad un incontro vivace, confrontandosi fino a mezzanotte sui modi per collaborare, mettere assieme le esperienze-sofferenze-resistenze che ciascuno di noi vive sul posto di lavoro, all'Università, a scuola, nel mondo della cultura.
E' emersa l'urgenza di lavorare in maniera specifica nel territorio, continuando a costruire momenti analoghi di autoformazione, ipotizzando anche una reciproca contaminazione, laddove gli studenti possono entrare nelle fabbriche e gli operai riunirsi nelle aule universitarie.

L'esigenza del cambiamento radicale che si attua a partire dalle nostre pratiche quotidiane, propriamente politiche e non, in un tentativo di nuova ricomposizione sociale e politica che mette al centro il territorio, nel tentativo di mettere in moto un circolo positivo di nuove relazioni, nuovi momenti in comune, riappropriazione degli spazi, del lavoro, e dei saperi di tutti.

La grande partecipazione ci ribadisce l'urgenza di lavorare in mezzo alla gente e ci stimola la speranza di poter cambiare qualcosa, facendo del lavoro in rete il fulcro di un percorso condiviso che ha nel Laboratorio, indiscutibilmente, il suo punto di riferimento cittadino.
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Una parola sul Laboratorio Giovanile Sociale: le tensioni sociali accumulatesi negli ultimi mesi, l'incapacità della politica di rappresentare le istanze di nuove soggettività che chiedono diritti e dignità, hanno come contraltare, a Macerata, il lavoro di tant* giovan* lavoratori/trici e student* che con il Laboratorio stanno costruendo la possibilità concreta di lavorare in rete, di mettere in pratica forme politiche nuove, dal basso e in ascolto. Il Laboratorio, con questo incontro, si ripropone come punto di riferimento dell'iniziativa politico-socio-culturale cittadina, in quanto riesce ad articolare una proposta politica che include senza subordinare, condividere con gli altri senza espropriare; e anzi, nei tanti "mondi" di Macerata riesce ad essere anche il lievito dentro la mobilitazione di specifiche classi sociali, siano esse operaia, studentesca o universitaria.
Non possiamo fermarci ora. Anzi, mai come adesso urge rilanciare l'iniziativa sul territorio, rideclinando positivamente e praticamente termini come cambiamento radicale, accoglienza, dignità delle persone, comune, condivisione, arte...

Stefano

14.1.11

Da Mirafiori a Macerata, cosa significa essere operai oggi.


MARTEDI 18 GENNAIO, ore 21,45
Sala Polifunzionale - Arci, Via Verdi 10
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Da Mirafiori a Macerata, cosa significa essere operai oggi
[autoformazione collettiva]
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Rossella Marinucci, Segretaria Provinciale Fiom Macerata

Laboratorio Giovanile Sociale

e gli operai della provincia di Macerata
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danno vita ad un momento di formazione e presa di coscienza collettiva, a partire dalla questione Fiat e dal referendum di Mirafiori, sino ad analizzare le forme e le pratiche da mettere in campo per un'efficace azione sul territorio che dia priorità ai diritti e alla vita dei lavoratori.

E' possibile segnarsi all'evento su Facebook: http://www.facebook.com/home.php#!/event.php?eid=102477176493524

13.1.11

La questione di genere 5: "La principessa che credeva nelle favole" di Marcia Grad


Dopo aver affrontato un'opera impegnativa come Il Secondo Sesso, suggeriamo oggi un libro che si affianca piacevolmente alle tematiche trattate, anche se con un taglio, sia stilistico e che di contenuto, diverso. Scorrevole e avvincente, il libro integra gli aspetti che stiamo approfondendo attraverso la struttura narrativa della favola, con tutti gli elementi di cui essa si compone. Dalla penna di Marcia Grand Powers, psicologa esperta in tecniche di crescita personale, un libro intelligente e ricco di spunti: La principessa che credeva nella favole. Come liberarsi del proprio principe azzurro.
Abituata fin da piccola a sognare il principe azzurro, la principessa Victoria cresce perfettamente in linea con il codice di comportamento reale e chiude letteralmente nell'armadio la parte più impulsiva e libera di se stessa. Impara a essere perfetta come tutti la desideravano e si riempie di aspettative sognando la splendida vita col suo già adorato principe. Salvo poi accorgersi, dopo poco tempo, che il principe che aveva sempre aspettato non era poi tanto azzurro come se lo immaginava. Inizia quindi un viaggio alla ricerca della su felicità e della sua verità, per ricominciare a conoscersi e ad amarsi anche senza essere perfetta e senza dover a tutti i costi smettere di dialogare con la parte più profonda del suo essere.
Una storia ricca di spunti di riflessione, che mostra la difficoltà di dialogare con se stessi e di affrontare una messa in discussione totale della propria vita e della propria storia. Una lettura che favorisce l'introspezione attraverso un gioco di personaggi ben costruito e significativo, che sfrutta la fiaba per toccare tematiche reali e sperimentabili. Per nulla scontato e sicuramente sorprendente, il libro invita a intraprendere questo viaggio con Victoria, immedesimandosi con facilità in essa e nei suoi sentimenti.
Con un pizzico di magia e di fantasia, ingredienti essenziali per una favola, l'autrice invita a non smettere di sognare, evitando però che questo sogno diventi una gabbia dorata fatta di compromessi come sbarre, a discapito della propria felicità.

12.1.11

Uniti ce la possiamo fare. L'appello della Fiom.

Ecco l'appello della Fiom per la raccolta firme in sostegno dei metalmeccanici. E' possibile sottoscriverlo presso le Camere del Lavoro o nei moduli stampati dal Laboratorio.
Ricordiamo che il Laboratorio sostiene i lavoratori e sindacalisti Fiom, nonché tutti i liberi cittadini che si oppongono al restringimento dei diritti ed alla cessione della vita al mercato che avviene in tutti gli ambiti.
Per questo il 28 gennaio supportiamo lo sciopero e saremo alla manifestazione regionale di Ancona unire la nostra voce a quella degli operai, degli studenti e di quelli che subiscono e scontano sulla loro vita i danni di un sistema ingiusto.
In ragion di ciò, nei prossimi giorni aiuteremo il sindacato, pubblicizzeremo e organizzeremo eventi che possano chiarire le idee, canalizzare il dissenso, costruire un'alternativa radicale e condivisa dal basso.

UNITI CE LA POSSIAMO FARE
Abbiamo convocato lo sciopero generale dei metalmeccanici per il 28 gennaio; è una tappa
fondamentale per la riconquista del Contratto Nazionale e la salvaguardia dei diritti nei
luoghi di lavoro.
La scelta compiuta dalla Fiat alle Carrozzerie di Mirafiori e a Pomigliano D’Arco è un atto
antisindacale, autoritario e antidemocratico senza precedenti nella storia delle relazioni
sindacali del nostro paese dal dopoguerra.
È un attacco ai principi e ai valori della Costituzione Italiana e alla democrazia perché
calpesta la libertà dei lavoratori e delle lavoratrici di decidere a quale sindacato aderire per
difendere collettivamente i propri diritti e di eleggere i propri rappresentanti in azienda. Chi
non firma scompare e chi firma diventa un sindacato aziendale e corporativo guardiano
delle scelte imposte dalla Fiat. Si annullano il Contratto Nazionale di Lavoro e peggiorano
le condizioni di fabbrica, si aumenta lo sfruttamento e l’orario di lavoro, si lede ogni diritto
di sciopero e si riduce la retribuzione a chi si ammala cancellando così in colpo solo anni di
lotte e di conquiste.
Il ricatto di Marchionne è coerente con la distruzione della legislazione del lavoro in atto
che vuol rendere tutti soli e precari; è la stessa logica regressiva messa in pratica dal
Governo con l’attacco al diritto allo studio e alla ricerca attuato attraverso l’approvazione
del DDL Gelmini e il taglio ai fondi per l’informazione e la cultura. Si mettono così sotto
scacco principi democratici di convivenza civile fondamentali.
La Fiom considera il lavoro un bene comune e per questo il 16 ottobre dopo il
ricatto/referendum illegittimo imposto dalla Fiat a Pomigliano ha dato vita a una grande
manifestazione, aperta a tutti coloro che sono impegnati nella difesa di diritti e libertà
costituzionali inviolabili.
Lo sciopero generale proclamato per il 28 gennaio della categoria e le manifestazioni dopo
il ricatto/referendum di Mirafiori hanno lo stesso obiettivo: come ha dimostrato
l’introduzione delle deroghe nel Contratto Nazionale dei metalmeccanici firmato da
Federmeccanica e le altre organizzazioni sindacali, quando si ledono diritti fondamentali la
ferita non si circoscrive ma travolge progressivamente tutto il mondo del lavoro.
La Fiom è impegnata a sostenere il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro senza
deroghe, a difendere la legalità, la democrazia e la libertà di rappresentanza sindacale, a
combattere la precarietà e il dominio del mercato che divorano la vita delle persone e
compromettono la coesione sociale e il futuro del paese.
Chiediamo a tutte le persone, le associazioni e i movimenti che condividono queste ragioni
di sostenere la lotta dei metalmeccanici e di firmare questo nostro appello.

11.1.11

A Mirafiori è in gioco la democrazia.

Tratto dal Manifesto del 11/01/11.
di Loris Campetti

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C’è un signore con la borsetta che gira il mondo cercando di vendere la suamerce aprezzo fisso. Non è un mercante arabo, nessuna trattativa è prevista: se vi va è così, altrimenti tanti saluti. Il liberismo nella globalizzazione non è un suq, la crisi e la concorrenza non perdonano e il ’900 è morto e sepolto con i suoi lacci e diritti. Il nostro mercante si chiama Sergio Marchionne, parla americano e detesta i dialetti, che sia sabaudo o partenopeo. È più capace nel vendere promesse in cambio di cieca obbedienza che non automobili. Nessuno le vuole, è merce vecchiotta. Ma lui giura che rinnoverà e triplicherà la produzione, darà lavoro a tutti, tanto lavoro. 10 ore al dì anzi 11, pause ridotte, mensa solo se c’è tempo, sciopero nisba, neanche un’influenza. È scritto sul contratto: se voti sì ti riassumo, investo per il futuro tuo e della fabbrica, sennò riparto con la mia valigetta e qualche pezzente più pezzente di te in qualche stato più pezzente di quello italiano lo troverò di sicuro.Ecco il referendum con cui il 13 e il 14 Marchionne chiederà a 5.300 operai delle Carrozzerie di Mirafiori di prendere o lasciare: il 51% di sì farà vivere la fabbrica, il no la chiuderà. Che c’è di nuovo rispetto a Pomigliano? Una raffinatezza: i sindacati che non hanno firmato l’accordo non avranno più accesso alle linee di montaggio. Nessun delegato, del resto, neanche quelli dei sindacati complici, potrà essere eletto dai lavoratori,sarannonominati d’ufficio dagli stati maggiore.Ci sono tre reazioni al diktat. La prima, maggioritaria in politica, al governo, tra sindacati e gli imprenditori, batte le mani e minaccia gli operai: che aspettate a piegare quella schiena? Non vorrete perdere investimenti e lavoro per un principio ammuffito? Guai a voi se farete fuggire all’estero la Fiat. La seconda reazione è quella della Fiom, che si oppone ai ricatti e informa gli operai di quel che stanno per votare, indicendoa ssembleee distribuendo a tutti il testo dell’accordo. Così potranno decidere concognizione di causa se il gioco vale la loro dignità.Ci sono diritti non vendibili scritti in leggi,contratti,nello Statuto nella Costituzione e gli accordi o sono frutto di contrattazione o non esistono. La Fiom non riconosce la validità del referendum-truffa.Poi c’è una terza reazione, uguale alla seconda ma con un finale diverso: noi siamo contrari, ma se il ricatto vincesse la Fiom dovrà riconoscere il risultato, adeguarsi e apporre la propria firma per non essere espulsa dalla fabbrica. È il punto di vista della maggioranza del gruppo dirigente Cgil.Non sempre il pragmatismo riduce i danni. La forza accumulata dalla Fiom si fonda sull’ascolto dei lavoratori, sulla condivisione, sulla rappresentanza democratica. È tutta da dimostrare la possibilità che la Fiat possa cancellare il sindacato più rappresentativo, mentre è prevedibile che una rinuncia della Fiom a difendere la dignità della sua gente spezzerebbe quel legame straordinario e un’aspettativa che va crescendo ben oltre le fabbriche.In questa settimana, ancora una volta a Torino, si gioca unapartita che riguarda la democrazia italiana.

4.1.11

"Ci comprate la vita per 1200 euro". Lettera di un cassintegrato a Marchionne

Lettera tratta dal sito informarexresistere.fr

Dott. Marchionne,
il suo mi è sembrato un ragionamento antico,morto.Lei dice che lavora 18 ore al giorno?Visto che dichiara di amare la cultura, la letteratura, l’arte Le chiedo dove trova il tempo per leggere un libro, per ammirare un opera d’arte, per vedere un film.Le chiedo quando sta con i suoi figli, quando gioca con loro,le chiedo quando fa l’amore con sua moglie.
Un’operaia si alza al mattino alle 5 per il primo turno rientra a casa dopo le 14 ,pulisce casa, fa la spesa , va a recuperare il figlio al post scuola , con tutti i sensi di colpa che ha una mamma che non riesce a stare con suo figlio come dovrebbe e vorrebbe. E poi i compiti ,il calcio , prepara cena , sparecchia lava i piatti , metta a letto il bambino, una carezza da mamma …E arrivata mezzanotte sono 19 ore che l’operaia è in piedi e domattina alle 5,00 suona la sveglia.Tutto per 1200 Euro al mese.Dott. Marchionne lei mi dice “Io vendo macchine” Le ricordo che queste macchine le fanno gli uomini, lei sta parlando di persone, esseri umani.
Di persone che si vantano di lavorare 20 ore al giorno ne ho piene le tasche , lei ci propone un modello che è la morte di questa nostra vita, che è un non vivere, che non ti permette di sognare, non c’è spazio per l’arte, la cultura,non c’è spazio per l’amore verso tuo figlio verso il proprio compagno.
Tutto questo non vivere ci circonda, ne vediamo i risultati nelle famiglie sfasciate, ruoli di genitori annullati, una società violenta frustrata dalle continue umiliazioni. Ci comprate la vita per 1200 euro al mese.
Sono quelli come lei, i responsabili, voi col vostro sistema che arricchisce pochi e umilia e annulla tanti.
Lei Dott. Marchionne dice “è il mercato che detta queste regole, per essere competitivi per salvarci non abbiamo alternative”.Il mercato è fatto dagli uomini, lei dott. Marchionne sta impegnando tutte le sue energie (20 ore al giorno) per sostenere questo sistema che annulla l’uomo, lei dott. Marchionne questo sistema lo ha fatto suo.
Sa perché non la stimo dott. Marchionne perché io ho stima per persone che si spendono per migliorare le condizioni di vita in cui viviamo, persone che mettono la propria intelligenza al servizio dell’uomo.
Lei dott. Marchionne ha sbagliato direzione sta sbagliando strada.Sta tirando la volata delle multinazionali del capitalismo selvaggio, dove l’uomo è solo uno strumento da utilizzare per l’arricchimento di pochi sui tanti.Lei è responsabile di questo.
Un cassaintegrato

Liberavoce liberapenna: Pacifica difesa della violenza.

di Luther Blissett

Ecco un altro articolo, tratto da Globalproject, interno alla rubrica "liberavoce liberapenna", scritto da quella 'opera aperta' che è Luther Blissett.

Agli occhi della maggioranza dei commentatori internazionali i tumulti del 14 dicembre a Roma sono apparsi come un avvenimento decisamente normale. In un paese in profonda crisi economica, guidato da un Presidente del Consiglio pluri-inquisito, tycoon e puttaniere, c’è poco da stupirsi che gli studenti facciano esplodere la propria rabbia in modo così violento.
D'altronde anche i nostri politici come i nostri notisti di fronte ad immagini di rivolta provenienti di volta in volta dalla Francia, dalla Grecia o dall’Inghilterra mai sottolineano la propria meraviglia per il fatto che talvolta la violenza esploda. Si interrogano sul come e sul perchè, ma mai nessuno azzarda apodittiche condanne contro la violenza dei manifestanti. Evidentemente la distanza offre una certa garanzia di obiettività.
La violenza infatti, lungi dall’essere qualcosa di inaccettabile per lo Stato, è invece uno dei suoi elementi costituenti e per questo ogni stato ne ha il monopolio attraverso le forze armate. Il monopolio della violenza da parte dello Stato sancisce infatti la stabilizzazione di un rapporto tra forze, uno “stato” appunto. Già perchè ogni Stato, come sistema di organizzazione giuridica, è l’esatto punto di equilibrio storicamente determinato di una contrapposizione violenta tra forze sociali. La rivoluzione francese, il risorgimento italiano, il fascismo, la resistenza al nazi-fascismo sono stati momenti di trasformazione violenta - con migliaia di morti - che hanno consentito una diversa allocazione del monopolio della violenza e con essa una nuova definizione delle regole dello Stato.
Quando dunque un politico italiano pronuncia una frase del tipo “la violenza è sempre inaccettabile” costui sputa sulla storia ma anche sulle forze dell’ordine che quel monopolio sono chiamate a esercitare a garanzia di quanto la violenza passata ha conquistato.
Certo gli aggiustamenti istituzionali non necessariamente passano per l’uso della violenza. Il progredire dei sistemi di governo ha progressivamente portato a regimi in grado di assorbire le istanze che provengono dalla società. Il sistema democratico parlamentare è certamente il migliore, come migliori erano i sistemi che lo hanno preceduto. Nelle moderne democrazie il sistema della rappresentanza parlamentare dovrebbe garantire a ogni cittadino di vedere rappresentate le proprie istanze all’interno dello stato stesso. Lo Stato democratico rappresenta i conflitti nella forma di un dialogo e un confronto parlamentare. Ma una rappresentazione non è mai realtà. Lo sa bene anche il legislatore che garantisce il diritto di manifestazione e di sciopero. Un diritto che offre ai rappresentanti la possibilità di raccogliere istanze non identificate prima e tornare a rappresentarle all’interno dello Stato.
Ma se tali istanze non vengono raccolte? Se i rappresentati non possono rappresentarle perchè perderebbero i propri privilegi? Se nessuno riconosce l’interlocutore? Ecco che esplode la violenza. La realtà che rifiuta la sua rappresentazione attraverso l’unica opzione disponibile: il rifiuto del monopolio della violenza da parte dello stato. Come durante la rivoluzione francese o il risorgimento italiano.
La violenza diventa l’unica unità di misura della congruità di una rappresentazione. Se chi dovrebbe rappresentare non è disposto ad ascoltare, l’unica possibilità è mettere la propria vita contro i monopolisti della violenza. Perchè la violenza è rischio personale, salute o morte, la dimostrazione di un esigenza reale. La violenza è unità di misura. Per questo è sempre la violenza ad aver determinato i passaggi storici in cui la realtà si è imposta su una rappresentazione (la monarchia, il fascismo, uno stato coloniale, razzista o corrotto). Una contrapposizione in cui le idee vengono pesate con i corpi disposti a mettersi in gioco, le idee di chi vuole contro lo Stato che può.
La violenza per questo è sempre giustificata, le sue ragioni invece prima di essere giudicate dalla storia dovrebbero essere giudicate dai contemporanei.
Un compito difficile per la prima generazione di classe dirigente italiana a non aver conquistato il proprio ruolo di rappresentanza attraverso una validazione violenta della propria legitimilità e che per questo è debole, corrotta e inetta.
Luther Blissett