29.12.10

La questione di genere 4: "Il secondo sesso" di Simone de Beauvoir

Dopo aver suggerito letture interessanti, e tuttavia non troppo difficoltose da affrontare, proponiamo ora un percorso decisamente più impegnativo e da fruire in piccole dosi, almeno per i non esperti, per continuare ad approfondire queste tematiche. Nel 1949 infatti, nella Francia dove le donne hanno appena votato nel 1947 per la prima volta, esce il libro, subito classificato come scandaloso, Il secondo sesso di Simone de Beauvoir. Recensito, trattato e discusso da tutte le riviste intellettuali e non, l'opera venne persino censurata dal Vaticano.

Inserito nel contesto francese dell'epoca, di cui si alimenta, il libro non può essere letto senza un breve richiamo alla società cui si riferisce; in un periodo politico di sostegno alla famiglia e alla maternità senza precedenti, teso a risollevare una natalità in preoccupante calo. Calo al seguito del quale si registrò un boom di nascite che riportò chiaramente in voga la figura di donna madre confinata alla sfera familiare.

La donna viene analizzata dall'autrice da diversi punti di vista, prendendo a riferimento gli elementi biologici, psicologici e psicoanalitici e quelli del materialismo storico, descrivendo i ruoli che essa occupa e i comportamenti che la riguardano: la donna sposa, madre, prostituta, lesbica, narcisista, innamorata, mistica. Si parla della condizione di inferiorità della donna e delle motivazioni che da sempre la rendono subordinata, restituendo una lettura complessa, dura e affascinante e accarezzando l'idea di un mondo dove la libertà passa anche per l'uguaglianza tra i sessi. La stessa autrice, criticata fortemente e a lungo, spiega le motivazioni della sua opera in questo modo: “Poiché io stessa non avevo mai subito discriminazioni da parte degli uomini, mi rifiutavo di credere che esistessero discriminazioni per le altre donne. Questa convinzione errata è entrata in crisi a New York. Lì ho fatto esperienza di come donne intelligenti venissero ridicolizzate e sorpassate se osavano partecipare a discussioni fra maschi. Davvero, le donne americane di allora avevano un ruolo molto subordinato. Gli uomini le usavano per il sesso, per i bambini e per le pulizie della casa, e le donne stesse, in fondo, non desideravano altro”.

Pilastro della discussione sulla condizione femminile, "Il Secondo Sesso" è allo stesso tempo una chiara critica alla società dominante, e una analisi e una denuncia puntali sulla differenza di genere prodotta dalla società stessa e dalla storia.


Lavoro e libertà - il manifesto a sostegno della FIOM

Pubblico di seguito il manifesto promosso da Fausto Bertinotti, Sergio Cofferati, Gianni Ferrara, Luciano Gallino, Francesco Garibaldo, Paolo Nerozzi, Stefano Rodotà, Rossana Rossanda, Aldo Tortorella e Mario Tronti in sostegno all'azione della Fiom.
Ritengo che all'interno vi siano degli interessanti elementi di analisi:il conflitto capitale-lavoro, l'esigenza di contropoteri per rendere una democrazia veramente tale, l'urgenza di mettere assieme le tante realtà in difficoltà e prive di ascolto. Questi temi deve ulteriormente approfondirli anche il Laboratorio, continuando a situarsi là dove maggiori sono le problematiche e i conflitti sociali.

Abbiamo deciso di costituire un’associazione, «Lavoro e libertà», perché accomunati da una comune civile indignazione.
La prima ragione della nostra indignazione nasce dall’assenza, nella lotta politica italiana, di un interesse sui diritti democratici dei lavoratori e delle lavoratrici. Così come nei meccanismi elettorali i cittadini sono stati privati del diritto di scegliere chi eleggere, allo stesso modo ma assai più gravemente ancora un lavoratore e una lavoratrice non hanno il diritto di decidere, con il proprio voto su opzioni diverse, di accordi sindacali che decidono del loro reddito, delle loro condizioni di lavoro e dei loro diritti nel luogo di lavoro. Pensiamo ad accordi che non mettano in discussione diritti indisponibili. Parliamo, nel caso degli accordi sindacali, di un diritto individuale esercitato in forme collettive. Un diritto della persona che lavora che non può essere sostituito dalle dinamiche dentro e tra le organizzazioni sindacali e datoriali, pur necessarie e indispensabili. Di tutto ciò c’è una flebile traccia nella discussione politica; noi riteniamo che questa debba essere una delle discriminanti che strutturano le scelte di campo nell’impegno politico e civile. La crescente importanza nella vita di ogni cittadino delle scelte operate nel campo economico dovrebbe portare a un rafforzamento dei meccanismi di controllo pubblico e di bilanciamento del potere economico; senza tali meccanismi, infatti, è più elevata la probabilità, come stiamo sperimentando, di patire pesanti conseguenze individuali e collettive.
La seconda ragione della nostra indignazione, quindi, è lo sforzo continuo di larga parte della politica italiana di ridimensionare la piena libertà di esercizio del conflitto sociale. Le società democratiche considerano il conflitto sociale, sia quello tra capitale e lavoro sia i movimenti della società civile su questioni riguardanti i beni comuni e il pubblico interesse, come l’essenza stessa del loro carattere democratico. Solo attraverso un pieno dispiegarsi, nell’ambito dei diritti costituzionali, di tali conflitti si controbilanciano i potentati economici, si alimenta la discussione pubblica, si controlla l’esercizio del potere politico. Non vi può essere, in una società democratica, un interesse di parte, quello delle imprese, superiore a ogni altro interesse e a ogni altra ragione: i diritti, quindi, sia quelli individuali sia quelli collettivi, non possono essere subordinati all’interesse della singola impresa o del sistema delle imprese o ai superiori interessi dello Stato. La presunta superiore razionalità delle scelte puramente economiche e delle tecniche manageriali è evaporata nella grande crisi.
L’idea, cara al governo, assieme a Confindustria e Fiat, di una società basata sulla sostituzione del conflitto sociale con l’attribuzione a un sistema corporativo di bilanciamenti tra le organizzazioni sindacali e imprenditoriali, sotto l’egida governativa, del potere di prendere, solo in forme consensuali, ogni decisione rilevante sui temi del lavoro, comprese le attuali prestazioni dello stato sociale, è di per sé un incubo autoritario.
Siamo stupefatti, ancor prima che indignati, dal fatto che su tali scenari, concretizzatisi in decisioni concrete già prese o in corso di realizzazione attraverso leggi e accordi sindacali, non si eserciti, con rilevanti eccezioni quali la manifestazione del 16 ottobre, una assunzione di responsabilità che coinvolga il numero più alto possibile di forze sociali, politiche e culturali per combattere, fermare e rovesciare questa deriva autoritaria.
Ci indigna infine la continua riduzione del lavoro, in tutte le sue forme, a una condizione che ne nega la possibilità di espressione e di realizzazione di sé.
La precarizzazione, l’individualizzazione del rapporto di lavoro, l’aziendalizzazione della regolazione sociale del lavoro in una nazione in cui la stragrande maggioranza lavora in imprese con meno di dieci dipendenti, lo smantellamento della legislazione di tutela dell’ambiente di lavoro, la crescente difficoltà, a seguito del cosiddetto “collegato lavoro” approvato dalle camere, a potere adire la giustizia ordinaria da parte del lavoratore sono i tasselli materiali di questo processo di spoliazione della dignità di chi lavora. Da ultimo si vuole sostituire allo Statuto dei diritti dei lavoratori uno statuto dei lavori; la trasformazione linguistica è di per sé auto esplicativa e a essa corrisponde il contenuto. Il passaggio dai portatori di diritti, i lavoratori che possono esigerli, ai luoghi, i lavori, delinea un processo di astrazione/alienazione dove viene meno l’affettività dei diritti stessi.
Come è possibile che di fronte alla distruzione sistematica di un secolo di conquiste di civiltà sui temi del lavoro non vi sia una risposta all’altezza della sfida?
Bisogna ridare centralità politica al lavoro. Riportare il lavoro, il mondo del lavoro, al centro dell’agenda politica: nell’azione di governo, nei programmi dei partiti, nella battaglia delle idee. Questa è oggi la via maestra per la rigenerazione della politica stessa e per un progetto di liberazione della vita pubblica dalle derive, dalla decadenza, dalla volgarizzazione e dall’autoreferenzialità che attualmente gravemente la segnano. La dignità della persona che lavora diventi la stella polare di orientamento per ogni decisione individuale e collettiva.
Per queste ragioni abbiamo deciso di costituire un’associazione che si propone di suscitare nella società, nella politica, nella cultura, una riflessione e un’azione adeguata con l’intento di sostenere tutte le forze che sappiano muoversi con coerenza su questo terreno.

26.12.10

Liberavoce liberapenna: Gli studenti fanno paura.

Riprendiamo un articolo tratto dal Manifesto di pochi giorni fa... proseguendo così la nostra rubrica, "Liberavoce liberapenna"
-
Massimo Stella e Patrizia Pinotti, grecisti all'Università di Pavia, precari,
sognano di insegnare e fare ricerca...
-

Questo movimento degli studenti fa paura a tutti. Lo si capisce molto bene dalle reazioni immediate ai poli opposti delle appartenenze e dell'opinione: da Saviano a Gasparri. Questi studenti fanno paura tanto a chi auspicava la protesta quanto a chi pensa che non abbia ragione di esistere. Il dibattito sui moti del 14 dicembre è stato monopolizzato da due parole: disagio e violenza. Intellettuali, giornalisti, scrittori, politici non hanno parlato che di disagio e di violenza. E si tratta di due parole assolutamente vuote. Il disagio è evidente ed è di tutti. Quanto alla violenza di piazza, i poliziotti sono pagati per fare un mestiere (come un insegnante o un operaio) e chi va in manifestazione per picchiare o spaccare sa benissimo che compie un atto illegale. Questo è tutto quello che c'è da dire sulla violenza di piazza. Forti di queste due parole vuote, sono tutti pronti, però, a dare il voto in condotta - «ci sono studenti per bene e poi c'è la feccia senza cultura e senza criterio» - cui segue l'immancabile lezione morale - «ragazzi state attenti a non farvi strumentalizzare. Dovete condannare la violenza». Al voto in condotta e alla conseguente lezione morale si aggiunge infine la lezione di economia: «Ma non vi rendete conto che il modello assistenziale da voi sostenuto non è più possibile? Che bisogna incominciare a premiare il merito e l'efficienza?».

Questi studenti non hanno bisogno di alcuna lezione. Di fronte a questi studenti bisogna fare un passo indietro, chiudere la bocca, una volta tanto, e pensare. Pensare soprattutto a noi stessi e di noi. Perché questi studenti stanno parlando anche di noi. Se mai c'è un'analogia buona a capire, tra tutte quelle completamente sbagliate e velenose evocate in questi giorni - e quella più sbagliata e velenosa di tutte, lo diciamo all'insieme di coloro che l'hanno pensata tra sé o detta e scritta, è la «strategia della tensione» -, se c'è mai un'analogia buona, ci viene dalla storia delle donne: chi, quarant'anni fa, si è sentito addosso lo sguardo di una femminista incazzata, dovrebbe capire, oggi, che genere di sguardo è quello che gli studenti ci stanno puntando addosso. E il vero punto della questione non è certo costituito dalla riforma: da una riforma concepita come il cortocircuito di tutte le possibili istanze in gioco, e che, dunque, costituisce la trappola perfetta per ogni allodola - per i giovani ordinari carrieristi che, magari in quota Pd, si sono gettati a capofitto nella commissione parlamentare gelminiana, per i vecchi ordinari che smaniano di sterminare avversari con le fusioni dipartimentali e dei poli universitari, facendo man bassa di posti, per i ricercatori che aspirano a diventare associati per forza di legge, per gli studenti che si illudono di essere premiati un giorno per merito...

Troppi interessi, come si vede, impossibili a conciliarsi. E questi studenti lo sanno. Se non lo sanno, perché non conoscono i meccanismi interni, comunque lo intuiscono, come si suol dire, di pancia, perché ormai sono abituati ad essere fregati. Il punto è, piuttosto, che con i moti del 14 dicembre, non si riapre, né si ripete, ma, al contrario si chiude definitivamente un cerchio apertosi quarantadue anni fa. Né sappiamo ciò che potrà succedere in seguito e chiunque abbia previsioni è in cattiva fede, perché, dentro di sé, già spera che tutto finisca il più presto possibile e come sempre. Salvo il numero sempre più esiguo di privilegiati chiusi nel loro sempre più ristretto e diroccato cimitero, ma garantito da ogni governo, gli studenti di oggi, in modo del tutto diverso dagli studenti del '68 e del '77, sentono di vivere già adesso, sentono di essere predestinati in futuro a vivere vite di scarto, vite private di diritti in cui, per troppo poco tempo, sono stati cresciuti.
È la questione della gratuità dei diritti che gli studenti ci stanno sbattendo in faccia oggi, chiedendoci un resoconto. Loro ci chiedono: se vi siete svegliati sul fare del 2000 accorgendovi che i diritti - il diritto all'assistenza sanitaria, il diritto all'istruzione pubblica, il diritto al lavoro, il diritto al riposo, il diritto alla famiglia - accorgendovi che tutti questi diritti costano, e se si è trovata solo una soluzione, tagliarli il più possibile, restringerli fino a far soffocare la società civile, perché siamo noi a doverne fare le spese? Perché dobbiamo pagarlo solo noi tutto questo infinito conto? È una domanda precisa, lucidissima, implacabile. E adesso chi risponde? Il docente universitario che spera di ottenere un ordinariato con qualche università telematica o il barone che imperversa in concorsi in cui si chiacchiera delle commissioni prima dei sorteggi e dei vincitori prima degli esami? Il docente di liceo che deve certificare a livello europeo conoscenze, competenze e abilità, ma continua a dare i voti come negli anni cinquanta? L'imprenditore veneto che non vuole pagare le tasse, ma pretende gli aiuti nazionali per l'alluvione? L'industriale che esporta il lavoro all'estero, togliendo di qua per rapinare meglio di là ed eventualmente ritornare di qua solo se gli si dà la garanzia che i contratti varranno più dei lavoratori? Questa gente si sente di rispondere agli studenti?


Ecco perché gli studenti fanno paura. Ecco perché si preferisce parlare di disagio e di violenza. Chi è disposto ad assumersi delle responsabilità generazionali? E questo è l'altro punto cruciale. Loro ci dicono: abbiamo capito una legge antica e non scritta che da sempre governa questo paese. È la legge dell'atavico familismo amorale contadino: il vecchio fotte sistematicamente il giovane. Persino l'unico che salva, il figlio, lo salva soltanto perché è sua proprietà. Loro ci dicono: non sono mai stati belli i vecchi di questo paese: da quelle bocche spira un vento di malora e di miseria che ha raggiunto anche noi. Abbiamo letto Pavese e Fenoglio, abbiamo letto Vittorini e Sciascia, abbiamo letto Elsa Morante e Pier Paolo Pasolini. Abbiamo studiato la storia dal '43 ad oggi. Tutto lo riconferma. I titoli di quei libri portati in manifestazione non sono una colorata e pacifica ventata di freschezza: quei libri sono lì per inchiodare i vecchi alle loro responsabilità. Hanno riaperto il pozzo della memoria. Hanno rimesso le mani in quell'intreccio di padri, figli, sorelle, fratelli, di letti, di campi, di faide tra parenti. Il campo e il falcetto sono ancora là. Il prete è ancora là nella parrocchia. La cognata è ancora nel letto del suocero. Dall'albero degli zoccoli pende ancora un destino e un auspicio di emigrazione: imparate le lingue e riprendete le vie del mondo, diceva De Gasperi ai giovani nel '49. E mentre i giovani di oggi ci ficcano gli occhi in faccia e nell'anima con giusto furore, dalla loro protesta emerge la domanda che fa più paura di tutte: c'è un altro modo di pensare il futuro che non sia l'uccisione dei nostri diritti?

Precedenti pubblicazioni di 'Liberavoce Liberapenna': lgsmacerata.blogspot.com/2010/12/liberavoce-liberapenna-raccontare-roma.html

23.12.10

Grazie.


Ieri c'è stata la cena sociale che il Laboratorio ha organizzato all'Arci, con l'intento di raccontarCi e salutarci: 50 persone, quasi tutte presenti fin dalla cena, che hanno contribuito, collaborato, ascoltato, che si sono interessati al Laboratorio Giovanile Sociale in questi mesi.
E' nato il sindacato nelle scuole superiori, la Rete degli Studenti - Medi, che coinvolge la maggioranza dei rappresentanti d'istituto delle scuole superiori della città; le esperienze universitari, con Officina Universitaria e in particolar modo con il Movimento degli Studenti che si è mobilitato contro il Ddl 1905; gli operai della Fiom; e poi tanta gente che ha letto il blog, che si è interessata, che ha dato idee, che voleva stare in compagnia.

Il Laboratorio ringrazia tutti, anche perché oggi come mai c'è la consapevolezza che si sta lavorando nella direzione giusta: mettere in comune le esperienze, lavorare assieme, impegnarsi sempre per un progetto collettivo e mai personale, mettere in moto processi che propongono un cambiamento dei rapporti di forza e potere, di dominio, di relazione.

21.12.10

La questione di genere 3: "Il corpo delle donne"


“Il corpo delle donne”: da documentario a libro. Diventa un volume l’inchiesta sul corpo femminile in tv condotta da Lorella Zanardo e visibile sul blog dedicato a “Il corpo delle donne”, tradotto in sei lingue, realizzato con Cesare Cantù e Marco Malfi Chindemi.

È stato l’inizio di un cambiamento e di una grande spinta per far riguadagnare centralità alle donne e misurare la loro incidenza sul tessuto sociale e culturale del nostro paese. L’autrice racconta qui la genesi del documentario, le reazioni che ha suscitato, l’interesse inaspettato da parte delle giovani generazioni, la necessità di uscire dagli stereotipi per giungere a una nuova definizione del femminile. Inoltre, mette a fuoco nuovi strumenti di lettura dell’immagine televisiva e dei messaggi che questa veicola.




Messaggi che hanno due principali temi: la donna come oggetto sessuale e, di contro, la donna che sente un constante senso di inadeguatezza di fronte alle altre donne “disumanizzate” da una perfezione fisica artificiosa e alienante.



Nella televisione, ci dice la Zanardo, manca la donna che è. È presente solo quella che appare.



La donna reale da sempre sembra perseguitata da un senso di colpa che in questo tipo di società sembra essersi affinato, diventando più subdolo e pericoloso. Infatti ci vergogniamo di mostrare la nostra faccia, per questo la mascheriamo, intervenendo su di essa anche in modo violento e autolesionista, come può esserlo un intervento di chirurgia estetica.





La Zanardo cita Anna Magnani, che ripeteva ai truccatori che prima del ciak stavano per coprirle le rughe del volto: “Lasciamele tutte, ci ho messo una vita a farmele!” Le nostre rughe, le nostre imperfezioni parlano di noi, sono la nostra vita, l’unica che abbiamo. Non possiamo permetterci di vergognarcene.



Mostrare con orgoglio la nostra faccia significherebbe vivere con dignità e rispetto la nostra vita, che è nostra, come lo sono i nostri desideri e le nostre volontà.



Liberavoce liberapenna: raccontare Roma

Crediamo che il modo migliore per praticare una politica nuova, propriamente rivoluzionaria, sia ridare voce alle persone, a chi soffre e chi lotta, in particolare se è ancora in grado di sognare...
A Roma, martedì scorso, è emerso un conflitto politico che è generazionale, sociale, culturale; proviamo a raccontare ancora quanto accaduto attraverso le parole di chi ha vissuto quei momenti, per ripartire da quella piazza e costruire quel percorso comune e collettivo che solo può generare un cambiamento radicale e strutturale.
-
Francesca, Macerata, 17 anni, studentessa, Rete degli Studenti - Medi, sa sognare ma non ha futuro...
-
Roma, 14.12.2010: Sarà una data che i nostri posteri ricorderanno? Non lo sappiamo, ma a noi piace pensare che un pò di storia la stiamo scrivendo anche noi. Noi, il cosiddetto "potere dal basso", la massa, il popolo. Ma poi realmente chi è a fare la storia se non noi che siamo gente qualunque?
Il sole spacca le pietre oggi, a Roma, l'aria è fredda e una certa tensione è palpabile. Operai, studenti, campani, aquilani, immigrati, centri sociali... Siamo tutti uniti, tutti insieme da tutta Italia per dire basta a questo scempio. Siamo l'Italia che è stufa di vedere ogni giorno la nostra democrazia assassinata da un governo che sotto false vesti nasconde una dittatura subdola e talmente ridicola che sfiora il grottesco. "Noi la crisi ve la creiamo" "Berlusconi, dimissioni", i nostri gridi di battaglia...
Partiamo dal Colosseo, poi un altro corteo di studenti si unisce a noi, siamo tantissimi. Sappiamo tutti che non sarà una giornata facile, e che non lo saranno nemmeno le prossime: oggi si vota la fiducia, non si parla d'altro da un mese; qualcuno spera,ma chi più chi meno, siamo tutti consapevoli che non cambierà niente, che Silvio ha comprato un numero di parlamentari sufficiente per non far cadere il governo: è un senso di rassegnazione intriso nella nostra società da anni, assistiamo ogni giorno a continue infamie politiche senza battere ciglio, lasciamo correre, ogni volta pensiamo di aver toccato il fondo, ma la volta dopo realizziamo subito che il fondo è ancora più basso e schifoso. Forse è perchè siamo stanchi di questa rassegnazione, ma c'è una rabbia che ribolle da anni, che sta scoppiando, forse abbiamo iniziato a sentirci più sovrani, e ad acquisire nuova consapevolezza che non siamo noi a dover temere loro,ma il contrario. Noi, in piazza, di martedì siamo 50.000 (o 100.000? ma che importa!) e loro a scaldare la sedia in parlamento e a decidere le sorti di noi tutti 910 pressappoco.
Piazza Venezia, zona rossa, blindata,l'adrenalina sale, i primi "scontri" con le forze dell'ordine e il lanci di alcuni sacchi di immondizia:quella che ci ricopre tutti fino alla testa, quella che studenti e lavoratori si vedono tirare addosso ai propri diritti, quella che ogni giorno i campani calpestano a terra, quella che gli aquilani hanno visto gettare addosso ai nomi dei propri cari morti in nome del buonismo più meschino che si fa campagna elettorale sulla vita degli altri,pronto a sparire appena abbassano i riflettori. Tutto a un tratto iniziano a lanciare lacrimogeni, ci allontaniamo, cerchiamo di non respirare e sappiamo che è solo l'inizio.Il corteo riesce a ripartire , riprendiamo a camminare e poi la prima indiscrezione: la Camera ha approvato la fiducia. Un'urlo di disapprovazione esce dal nostro stomaco,siamo delusi: un pò ci credevamo. Ora l'aria è più tesa, più arrabbiata.
Il corteo deve finire in Piazza del Popolo, ma ci sono gli scontri, quelli veri, la Polizia sta caricando, la rabbia che fin'ora è stata repressa si sta svegliando. 1968?1977?2001? No, questo è un nuovo movimento, siamo giovanissimi e arrabbiati, indignati, sentiamo lo schifo addosso,vogliamo lottare. Siamo l'Italia nuova, vogliamo rimettere le basi per costruire qualcosa di bello, pulito, che funzioni. Sognamo un'istruzione degna del nostro Paese (quello con la p maiuscola, che va da Dante a Pasolini),sogniamo di non dover lasciare l'Italia per trovare un posto fisso, sognamo un posto dove i nostri diritti siano messi al primo posto. Solo sogni? Eppure a me sembrano le basi di una vera democrazia, anzi, della NOSTRA Costituzione...
Questa spinta propulsiva ci porta ad andare avanti, non possiamo entrare in Piazza del Popolo, lo scenario parla chiaro: fumo, fuoco, lacrimogeni, forse la rivoluzione. La nostra tappa è La Sapienza,lì si conclude il nostro viaggio, non l'ultimo ma il primo di una lunga serie.Torniamo a casa stanchi ma non abbatutti, sapendo che oggi è nato qualcosa che dobbiamo raccontare perchè non muoia il desiderio di riemergere dalle macerie di questa Italia dilaniata. Una volta l'avevano chiamata Resistenza, questa come la chiameranno?

16.12.10

Risposta a Saviano

Ecco cosa ha risposto uno studente di Bologna, appartenente al collettivo Bartleby, alla lettera di Saviano, della quale alleghiamo il link e che suggeriamo di leggere subito. http://www.ilpost.it/2010/12/16/lettera-saviano-studenti/
A breve commenti e analisi nostre su quanto sta accadendo all'Università.

Caro Roberto,
a scriverti è un ragazzo di ventisei anni, uscito da pochi mesi dall'università. Non ho scritto Gomorra, non scrivo su Repubblica, non ho fatto trasmissioni. Ma non è solo al passato che posso parlare: non scriverò un libro di successo, non scriverò su un grande giornale, non dominerò l'auditel in una trasmissione Rai.
Ti scrivo per la stima che il tuo libro mi ha portato ad avere nei tuoi confronti e per la disillusione che questa tua lettera ha causato in me.
Vorrei essere franco e parlare al di fuori delle parole d'ordine che un movimento (qualsiasi movimento) impone per essere schietto e provare a fare un passo oltre il 14 dicembre, altrimenti si guarda sempre al passato e non è il passato a preoccuparmi adesso.
E' proprio dalle parole d'ordine che vorrei iniziare. Scrivi che le nostre parole sono nuove, che non ci sono più le vecchie direttive: grazie. Non sai quanto possa essere grande questo complimento, proprio da te, che sei diventato una figura di riferimento rompendo un ordine costituito di parole. Le cose che scrivevi in Gomorra c'erano da tempo, andava trovato un modo per dirlo e tu l'hai fatto. Non è poco.
D'altro canto vedo in te il peccato originale da cui ci metti in guardia. Vedo nella tua lettera l'utilizzo di quelle parole d'ordine, di quelle direttive che sono vecchie che sono scollegate dal mondo.
Cos'è questo continuo richiamo agli autonomi del '77 che si legge in molti articoli e anche nel tuo? E' il dogma con cui si finisce per sdoganare ogni protesta. Ma non li vedi i movimenti in Francia, a Londra ad Atene? Non ci pensa mai nessuno che sono molto più vicine a noi quelle cose, piuttosto che le immagini in bianco e nero di quarant'anni fa?
Io non sono nessuno per spiegarti cose che sai meglio di me, però guarda le foto: guarda quanta gente c'è in Piazza del Popolo? quanta gente ha resistito agli scontri? E non sotto l'impulso di una rabbia improvvisa, la gente è in piazza c'è rimasta per due ore, tutto il tempo per fare sbollire un'emozione e, se voleva, andarsene. Succede che i cortei si distacchino da azioni che non condividono, l'altro giorno non è successo.
"Non usate i caschi, siate riconoscibili": belle parole, ma parole d'ordine. Vecchie, stantìe. La gente che in queste settimane è stata denunciata per avere occupato i binari, le strade era riconoscibile. La gente che è venuta a contatto con la polizia perché veniva impedito l'accesso a una zona della città, era riconoscibile. Siamo sempre stati tutti riconoscibili. E siamo stati e saremo denunciati. E siamo stati tutti menati, abbiamo ancora i cerotti. Anche i Book Block, quelli che tu chiami "buoni" hanno i caschi. Caro Roberto, quelli sono manganelli, fanno male. Questo è quello che fa il governo, che fanno le questure. Dici che quando scendiamo in piazza ci troviamo di fronte poliziotti che sono uomini, ebbene perché questo discorso è sempre unilaterale? Anche noi siamo siamo uomini, donne, perché nessuno ci difende?

Quando bisogna difendere le forze dell'ordine si fa a grandi parole, grossi titoli. Quando si devono difendere i manifestanti si fa con piccoli accenni fumosi. Difendeteci, difendete le nostre proteste, questa deve essere la prima cosa. Capite le nostre ragioni, altrimenti, mi dispiace, fra di noi non ci capiremo mai, ci perderemo.
Con questo non voglio dire che il mondo intero deve bruciare. Il mondo deve essere sempre più bello, Piazza del Popolo deve raccogliere feste, le piazze delle singole città devono riempirsi di gioia, ma questo va costruito. E' una posta in palio che si può mettere in piedi tra chi si riconosce, tra chi lotta insieme.

La testa va usata per pensare, lo scrivi tu. Hai perfettamente ragione ed è grazie al ragionamento, al cervello che possiamo capire che ogni momento è diverso dal precedente, ogni momento ha il suo modo di essere vissuto, i contesti sono fluidi, non sono bianchi o neri. La rabbia e i caschi di un giorno possono, diventare l'abbraccio collettivo del giorno dopo, la salita sui tetti. Dobbiamo avere l'intelligenza per farlo, per cambiare noi stessi, essere diversi ogni giorno, lottare con armi ogni giorno diverse, ogni giorno spiazzanti.
Altro dogma: quello dei buoni e cattivi, c'è ovunque sui giornali. Giornalisti che dicono di non aver peli sulla lingua e di dire cose fuori dallo schema che condannano una parte e assolvono l'altra. Ma è proprio questo lo schema. Buoni e cattivi non esistono, ma non lo dico io, lo dici tu, nel tuo libro, quando mostri che nel sistema camorristico ci sta dentro chiunque, anche suo malgrado. Ma non esistono nemmeno in Dostoevskij (quando mai!), in Pirandello, in Melville, in Flaubert, in Stendhal, non esistono nell'Orlando Furioso e nemmeno nella Divina Commedia: Ulisse, che per l'ansia di viaggiare abbandona la famiglia e fa morire i suoi compagni, è buono o cattivo? Quando vediamo il diavolo che piange, proviamo ribrezzo o pietà? Dio, che non fa entrare Virgilio in paradiso, è buono o cattivo? Solo gli ignavi sono beceri, quelli che seguono la bandierina, che seguono le parole già dette, solo loro sono beceri per definizione. Se guardi a chi si è dissociato dai fatti di piazza, ritroverai in loro gli ignavi, si tratta di rappresentanze che contano quanto i cosiddetti traditori del parlamento: non fanno niente, non hanno mai fatto niente, hanno solo promesso e guardato a se stessi. Non mi curo di loro, guardo e passo avanti.
Per il resto la vita è molto più complicata del rapporto bene o male. E molto più variegata. Pensaci un attimo, sono due mesi che la gente scende in piazza e questo movimento non ha ancora un nome, come nei romanzi di Saramago. Siamo sempre "quelli che hanno fatto questo" oppure ci dicono che siamo di un luogo "quelli dell'Aquila, di Terzigno". E' una forza, non credi? Vuol dire che siamo indefinibili: siamo quello che facciamo.

L'altro giorno avevamo i caschi. Domani magari porteremo delle girandole in questura, l'indomani Book Block, il giorno dopo ruberemo in libreria i volumi che ci piacciono e che costano diciotto euro e che non possiamo permetterci (ci difenderai?), parleremo con gente di altre generazioni, staremo con loro, cammineremo. Ci difenderai o ci attaccherai? In ogni caso sappi che saremo sempre le stesse persone.
Altri nemici non ne voglio, caro Roberto, ti ho scritto quello che pensavo, ti ho descritto la situazione reale che c'è stata in Piazza del Popolo, ti ho descritto la situazione quotidiana. Sta a te decidere cosa vuoi leggere nelle proteste. Vuoi leggere un rigurgito del '77? Va bene. Ti diremo che siamo più vicini alle proteste di Londra e Parigi. Vuoi leggere una violenza di gruppi sparuti? Ti diremo che Piazza del Popolo non la riempiono cento persone. Vuoi leggere la violenza solo come un voto in più a Berlusconi? Va bene, leggeremo nelle tue una semplicità di analisi disarmante che si basa su un sistema binario, Zero Uno, Zero Uno. C'è un'infinità di numeri tra cui scegliere e te ne dico un altro: Centomila, sono le persone che l'altro giorno stavano in piazza insieme, al di là di ogni rappresentanza.

15.12.10

La questione di genere 2: "Ancora dalla parte delle bambine"


Continuiamo il nostro percorso sulla riflessione in merito alla questione di genere e sulla scia della lettura precedentemente proposta, suggeriamo oggi il libro di Loredana Lipperini, con prefazione di Elena Gianini Belotti.

L'autrice prede a riferimento il testo della Belotti e cerca di indagare quali sono i modelli delle nuove bambine di oggi, quali sono i loro sogni e le loro aspirazioni, facendo paralleli con le eroine dei cartoni e delle riviste per ragazzine, affrontando il problema della marcata tendenza verso i caratteri della adolescenza anticipata. La Lipperini coglie la discrepanza tra l'immagine scolastica delle donne, che le bambine e i bambini fruiscono attraverso i testi e quella sexy proposta dalla moda, sempre più attenta a catturare gli occhi delle piccole potenziali acquirenti con stili da adulti propinati ai piccoli. Una sorta di adultizzazione.

Malgrado non si presentino più le immagini stereotipate del maschile e del femminile attraverso il grembiulino rosa e blu, le stesse logiche e le modalità sono state trasferite sui meccanismi pubblicitari, le riviste, i giochi. In maniera più sottile e ugualmente dannosa.

Una lettura affascinante e interessante che riporta le tematiche individuate ne "Dalla parte delle bambine", attualizzandole e dando loro ampio respiro alla luce anche delle nuove tecnologie, asserendo che il problema forse non è il mezzo in quanto tale, ma il come viene usato e cosa contiene.

Una presa di coscienza guidata e ricca di contenuti attinenti alla realtà, aderenti alla vita di ognuna di noi.

10.12.10

Riforma Gelmini, frutto bipartisan.

Ecco un contributo alla riflessione su quanto è accaduto e sta accadendo all'Università.
Articolo scritto da Alberto Burgio sul Manifesto il 4 dicembre 2010
Proviamo a fare un primo bilancio della battaglia sull’università, all’indomani del voto della camera sulla cosiddetta riforma Gelmini. Che si tratti di una legge pessima non vale la pena di ripeterlo. Dovesse andare in vigore (se il governo sopravvivrà e avrà tempo e forza per varare i decreti attuativi), ci troveremmo un’università ancor più autoritaria (tutto il potere ai rettori e agli amministratori, tutti i concorsi in mano agli ordinari), ancora più classista (per l’ulteriore aumento delle tasse di iscrizione), ancora più privatizzata (per l’ingresso delle imprese nei consigli di amministrazione e nelle fondazioni), ancora più ostile nei confronti dei giovani (tutti precarizzati) e ancora più sbilanciata a favore della ricerca applicata (a detrimento dei saperi «inutili» distanti dal mercato). Questo lo sappiamo, e del resto parlano da sé lo scomposto attivismo della Crui e le pressioni della Confindustria coi suoi organi di stampa (in questo caso il Corriere della sera ancor più del Sole-24 Ore). Agli industriali dell’università non è mai interessato altro che poter sfruttare gratuitamente laboratori e saperi per i propri affari. Questa «riforma» glielo promette, il resto è retorica.Ciò che nonostante tutto sorprende è lo spreco di menzogne sparse a piene mani lungo tutto l’iter della legge (circa due anni). Bugie sui fondi disponibili, bugie sulla lotta ai baroni, bugie sulla sorte dei ricercatori.L’unico sussulto di sincerità – a tutti càpita a volte di sbagliare – la sedicente ministra l’ha avuto qualche giorno fa quando, sicura ormai del voto favorevole, ha detto che la sua «riforma» l’avrebbe finalmente fatta finita con «l’egualitarismo del ’68». Se pensiamo alla divisione della ricchezza in questo Paese, non si sa se ridere o infuriarsi.Questo revanscismo di una oligarchia di mediocri e di ignoranti barricati nel privilegio e orgogliosi della propria arroganza è l’aspetto più vergognoso di questa vicenda indecente. Anche se lo stenografico del senato non ne reca traccia (chissà poi perché), la gaffe della ministra che sbaglia accento su egida (pronunciò «egìda», tra il divertito sconcerto dell’aula) resta un paradigma. E un monumento alla meritocrazia di cui costei ama riempirsi la bocca.Già, la meritocrazia. Tutti zelanti custodi del merito in Italia. Nessuno o quasi sembra accorgersi che premiare i meriti è giusto se non comporta la violazione di diritti (e studiare e formarsi è un diritto che la Costituzione riconosce a tutti i cittadini), se a tutti è data la possibilità di dare il meglio di sé e se si dispone di seri criteri di valutazione. Dove queste condizioni non sono assicurate, la meritocrazia è solo la foglia di fico del darwinismo sociale.Come disse l’amicone di Putin al fedele Vespa, occorreva por fine allo sconcio di un Paese in cui anche i figli degli operai sognavano di diventare dottori. In verità quel sogno era sfumato già da molto tempo, ma certo una legge ad hoc è una bella soddisfazione. E una garanzia. Il punto, oggi, è capire come si sia arrivati a questo risultato. Non nel lungo periodo, questo lo sappiamo: la Gelmini compie l’opera di distruzione avviata dai suoi predecessori, Berlinguer, Zecchino e Moratti in primis. No: la questione è come mai il ddl ha superato lo scoglio delle commissioni ed è arrivato indenne al voto della camera, mentre il governo, paralizzato, sprofonda tra discariche e festini selvaggi. Fino al crack del Popolo della libertà la domanda non si sarebbe nemmeno posta.Ma il giocattolo si è rotto e damesi il governo traballa su ogni provvedimento, tant’è che la camera ha dovuto chiudere i battenti sino al 14 dicembre. Anche sull’università il governo è andato sotto su qualche emendamento, al punto di riaccendere le speranze degli studenti e di quella parte del corpo docente che, una volta tanto, è uscita dal suo tradizionale – e complice – torpore. Però il disegno di legge ce l’ha fatta. Come mai? Che cosa l’ha protetto in tutti questi mesi nel disastro generale della maggioranza e ancora in questi giorni, mentre la rivolta infuriava? Quale forza gli ha permesso di arrivare in fondo, in un parlamento blindato come un bunker?L’unica risposta onesta – almeno evitiamo ipocrisie – è che questa è una «riforma» bipartisan. E che a sponsorizzarla c’è anche il presidente della Repubblica.Il segretario del Partito democratico salito fin sul tetto di Architettura. Ha lamentato la carenza di fondi per l’università. Ha detto che il governo ha sbagliato a incaponirsi e, finalmente, ha votato contro martedì alla camera. Ma questo dissenso, vero o simulato, non sposta di una virgola il fatto che nel merito la «riforma» realizza un progetto in gran parte concepito dagli "esperti" del Pd. Che vede di buon occhio l’ingresso dei privati e la precarizzazione dei ricercatori.Che cavalca la retorica «modernizzatrice» della meritocrazia. E che considera un inservibile vecchiume l’idea costituzionale di una università pubblica al servizio del «progresso intellettuale di massa», come dimostra la brillante formula della «concorrenza tra gli atenei », quasi si trattasse di supermercati o di compagnie di assicurazione.Ciò che la Gelmini dice sull’egualitarismo del ’68 sono in tanti a pensarlo anche tra i suoi sedicenti oppositori. Che costoro non abbiano nemmeno il coraggio di ammetterlo pubblicamente ha molto a che fare col disastro di questo Paese.

7.12.10

Assemblea aperta LGS: continuare a rEsistere

Domani mercoledì 8 Dicembre alle ore 21.30 al Faber Cafè (Vicolo Antonio Ferrari, 10) a Macerata si terrà la seconda Assemblea aperta del Laboratorio Giovanile Sociale.

Dopo la festa molto ben riuscita alla facoltà di Filosofia e l'Assemblea nella quale si è ripercorso cosa è stato fatto finora e gli obiettivi per il futuro, il Laboratorio si apre di nuovo alla cittadinanza per discutere le prossime iniziative e fare il punto sulla situazione attuale.
Riguardo le prossime iniziative si discuterà sulla possibilità di fare un evento con tutta probabilità di tipo ludico per chiudere l'anno e per augurarci delle buone feste.

Perché assemblea aperta?
Perché il Laboratorio non è uno spazio chiuso, autoreferenziale, ma uno spazio comune, un luogo dove ogni realtà cittadina, ogni singola persona possa esprimersi e portare la propria esperienza e il proprio lavoro. In fondo l'obiettivo principale del Laboratorio stesso è di costruire una rete tra tutte le realtà esistenti e aiutare a costruirne di nuove.

L'ordine del giorno dell'assemblea prevedere i seguenti punti:
  • Punto di quanto è stato fatto finora
  • Situazione maceratese e come muoversi
  • Questione cassa: rimborso per Andrea e Stefano, presentazione dei conti
  • Decisione sulle iniziative future: proposte e inizio preparazione
  • Blog LGS: presentazione idee per nuove rubriche e per lo sviluppo ulteriore del blog
  • Discussione libera della situazione politica italiana: crisi di governo, ddl Gelmini...
  • Varie ed eventuali

Daniele.

La questione di genere: "Dalla parte delle bambine"


Inizia da dicembre la rubrica di approfondimento che propone letture interessanti e attente alle questioni che ci toccano più da vicino. Suggerendo itinerari semplici e accessibili a tutti, vogliamo offrire la possibilità di confrontarsi con testi importanti e piacevoli per costruire idee e riflessioni. La rubrica si articola per aree tematiche e suggerisce, attraverso la recensione e il commento, un libro a settimana, per fare in modo che ogni mese possa strutturarsi un percorso di lettura e discussione. Ovviamente sono bene accetti suggerimenti e riflessioni.


Il primo itinerario che vorremmo proporre è quello relativo alla questione di genere, tanto discussa e tanto utilizzata in modo strumentale, poco conosciuta e poco approfondita con attenzione e aderenza alla realtà. Partendo dalla considerazione che la differenza di genere è radicata nel più profondo della nostra società, ma soprattutto nel più profondo modo di vivere di ognuno di noi, annotiamo come primo testo “Dalla parte delle bambine” di Elena Gianini Bellotti. È un testo del 1973, che quindi risente sicuramente dell’influenza del femminismo dell’epoca, il più “arrabbiato”nella storia. È comunque un’opera da cui partire, perché ci fornisce un’analisi chiara e completa sulla questione di genere in Italia, che va a scoprire i più nascosti e impliciti comportamenti coinvolti nell’educazione dei maschi e delle femmine: non dei bambini in quanto esseri umani, ma dei bambini in quanto femmine o maschi. E perchè a questo punto schierarsi dalla parte delle bambine? Perchè, come si comprende tra le righe scritte con estrema chiarezza dalla Bellotti, questa situazione è tutta a sfavore delle bambine che nella vita vengono educate, sin dai primi mesi di vita, alla rinuncia e al sacrificio dagli adulti, in particolare dalla madre che conserva una sorta di falsa coscienza imposta e in un certo senso autoimposta. Tali comportamenti vanno dallo svezzamento precoce, alla scelta di giochi “responsabilizzanti”, a pratiche didattiche di conformismo, che limitano la creatività delle bambine. L’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita” ha un ruolo fondamentale, che viene spesso negato in nome di presunte differenze genetiche,innate. Ecco allora che se da un lato si abitua la bambina all’autonomia e alla responsabilità, dall’altro la si educa alla dipendenza dall’uomo: questo con l’utilizzo di fiabe, in cui principesse vengono salvate da principi (come se non fossero in grado di potersi tirar fuori dai problemi da sole!), e che vivono felici e contente solo dopo averli sposati. Poi se vogliamo fare un’ulteriore riflessione notiamo che questo tipo di “educazione sentimentale” impartita alle femmine, continua anche in età adulta: chi non ricorda “Pretty woman” dove Jolia Roberts, prostituta giovane, povera e sola, viene salvata (e sfruttata, in molti se lo dimenticano che Richard Gere non ha fatto altro che favorire la prostituzione) da un uomo affascinante, potente e ricco, che si presenta a lei, non col cavallo bianco ma con una macchina di lusso. Tali discorsi divengono allora cosi attuali e il 1973 non sembra poi così lontano, discorsi che quando vengono scomposti e analizzati dalla Bellotti, è come se tutti, e soprattutto tuttE noi in qualche modo l’avessimo una volta nella vita intuito e percepito, ma con difficoltà compreso e spiegato a noi stesse.

5.12.10

Un giorno particolare: insieme per la Palestina

Sabato 27 Novembre è stata la giornata mondiale per i diritti del popolo palestinese.
Io e Vale siamo così partiti per Firenze, dove Pax Christi organizzava una duplice giornata di incontri e conferenze per confrontarsi sulla situazione del conflitto e mettere assieme le esperienze di chi è stato nei Territori Occupati nei mesi scorsi.
Due giorni splendidi: abbiamo incontrato persone provenienti da tutt'Italia che lavorano per la causa palestinese nei modi più diversi, dalla parrocchia ai gruppi giovanili, dai collettivi al volontariato internazionale fino alla politica.
Domenica la giornata è cominciata con la proiezione del DVD che "Ricucire la Pace 2010", il team di Peacebuilding con cui siamo partiti ad Agosto, ha montato e costruito: ESSEREVIVERE.
Un dvd che va ad integrare il materiale già in circolazione in Italia e che da voce ai giovani palestinesi ed israeliani incontrati nel viaggio.
Insomma, un gran weekend di condivisione, che ci ha nuovamente ribadito l'urgenza di lavorare per la causa palestinese, per la giustizia in quelle terre; inoltre, ci ha mostrato quanto sia necessario creare una rete tra le tante realtà che, come il Laboratorio, si impegnano in Italia per sensibilizzare la cittadinanza e far sentire la voce degli oppressi.
Anche in seguito a questo incontro, riteniamo necessario proseguire l'approfondimento e l'impegno per la causa palestinese attraverso alcune iniziative:
1) la diffusione dei DVD sulla Palestina;
2) testimonianze nelle scuole e nei gruppi del territorio interessati;
3) il lancio, a Macerata, della campagna internazionale per il boicottaggio dei prodotti israeliani;
4) ripensare forme di sensibilizzazione interne all'Università, in collaborazione con Anpi, Un punto per e Arci, che già hanno lavorato sulla questione israelo-palestinese;
Sempre dalla parte degli oppressi.
Stefano

2.12.10

«Italia ladra di sogni».

Pubblichiamo di seguito la lettera di una studentessa di Lettere dell'Università "la Sapienza" al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Caro Presidente del Consiglio,le scriviamo perché sentiamo l’esigenza e il dovere,da studenti e da cittadini,di spiegare cosa è accaduto ieri. Ci concederà,spero,questa premessa:molti studenti presenti alla manifestazione non solo non hanno mai messo piede in un centro sociale ma possiedono anche un’ottima media; potremmo presentarle più di un libretto,ma non lo faremo perché noi sappiamo chi siamo e questo è sufficiente.Ma torniamo al fine di questa lettera e lo facciamo con una domanda che lei tante volte si sarà posto:perché queste persone-studenti,lavoratori,artisti,ecc-manifestano?In genere la risposta è che le rivolte sono rivolte di “pancia”,di fame,dovute alla crisi economica globale. Certamente. Ma ci permetta di illustrarle un altro punto di vista e lo facciamo attraverso le parole di uno storico Edward Palmer Thompson che,in questo saggio che citiamo,riflette sulle rivolte popolari inglesi del XVIII secolo “(…)E’ certamente vero che i disordini erano innescati dai prezzi saliti alle stelle,dagli abusi compiuti dai negozianti,dalla fame. Ma queste rimostranze agivano all’interno della concezione popolare che definiva la legittimità e l’illegittimità dei modi di esercitare il commercio ,la molitura del frumento,la preparazione del pane,ecc. E questa concezione,a sua volta,era radicata in una consolidata visione tradizionale degli obblighi e delle norme sociali ,delle corrette funzioni economiche delle rispettive parti all’interno della comunità,che,nel loro insieme ,costituivano l’economia morale del povero. Un’offesa contro questi principi morali,non meno di un effettivo stato di privazione,era l’incentivo abituale per un’azione immediata.”Le citiamo infine,uno slogan-accusa che i contadini rivolgevano nel Settecento ai mugnai,”il male del tempo”: Perché prima rubava ma con cortesia,ma ora è oltraggiosamente ladro.Non ci fraintenda. Noi non stiamo accusando il suo governo di essere oltraggiosamente ladro,noi accusiamo l’Italia tutta di esserlo. La nostra patria è divenuta ladra di sogni,di speranze e di verità.Accusiamo perfino le nostre madri e i nostri padri che continuano a difenderci dal mondo,da internet e da facebook e non hanno ancora compreso che in questi anni il vero pericolo sono stati loro,la loro incapacità di critica,la loro incapacità di volere.Condanniamo l’indifferenza poiché crediamo che la qualità di una società è inversamente proporzionale alla quantità degli indifferenti.E in ultimo condanniamo noi stessi di non essere abbastanza bravi da rendere chiara l’evidenza. L’evidenza è questa:noi siamo la futura generazione di precari o meglio,noi andremo a ingrossare le file di quella che possiamo definire “la classe dei precari”.Così come la Rivoluzione Industriale ha prodotto la classe operaia,rivoluzionaria per eccellenza,ecco che questo sistema in cui la speculazione è sfociata nello sfruttamento,ha provocato la nascita di una nuova classe rivoluzionaria,i cui membri non formano “strutture”,ma i cui legami si basano sulle relazioni e su una medesima condizione umana.Lei ci insegna che un uomo può cambiare un Paese,noi fortunatamente siamo migliaia,forse milioni.Sta certamente comprendendo quello che le stiamo dicendo. Le daremo una dritta,da sciocchi quali siamo. Ciò che deve temere di più è la felicità pubblica,ovvero quel sentimento antico quanto la Rivoluzione Francese,che si spiega più o meno così: l’uomo comprende di essere uomo solo quando è in movimento,e di questo ne scopre il divertimento,il piacere,puro,dello stare insieme. La Felicità Pubblica. Il resto è un colpevole silenzio e un’inquieta sensazione di noia. Ieri per la prima volta è tornata. Quello che ha visto non era follia,ma per l’appunto felicità. Felicità collettiva.E questa volta sappiamo per certo che lei non potrà comprendere.
Cordiali saluti.

Elisa Albanesi, Assemblea di Lettere Occupata.

Video manifestazione e fiaccolata di stasera.

Video della manifestazione di MARTEDI:
http://www.youtube.com/watch?v=2gnJkQbVfN4&feature=player_embedded

Su facebook potete avere informazioni sulla FIACCOLATA DI OGGI "AD MEMORIAM MORTIS UNIVERSITATIS":
http://www.facebook.com/profile.php?id=1496523371#!/event.php?eid=167311806642209

da Piazza Mazzini partirà un corteo in stile via Crucis con delle stazioni attraverso le quali raccontare i passaggi di questi giorni e la crisi di un sistema-Paese, che riduce i diritti in tutti gli ambiti e che si mostra incapace di riformare l'Università e mutare radicalmente i rapporti di forza che costituiscono la società di oggi.

Stefano

30.11.10

Ddl Gelmini e mobilitazione maceratese

Il Ddl 1905 è passato alla Camera dei Deputati con 307 sì. L'Università pubblica, laica, accessibile, che ricerca e realizza, subisce un altro duro colpo.
Nei prossimi giorni approfondiremo l'analisi su quanto è successo in Italia ed a Macerata, sulle responsabilità ed i meriti politici delle persone, dei rappresentanti nelle istituzioni, nei giornali. Vorremmo dare voce a chi ci ha provato, a chi ha lottato, a chi ha provato a far nascere qualcosa laddove non c'era niente.
Intanto, un grazie ai tanti, tantissimi, che hanno combattutto e continuano a combattere per la difesa dei diritti degli studenti di oggi e di domani. Per un sapere comune. Per un mondo migliore, non che conserva ciò che c'è. Per dire essenzialmente che il sapere, come la vita, non è una merce.
Grazie a chi ha appeso oggi allo Sferisterio lo striscione "No Ddl Gelmini", perché nello stesso istante ha riportato Macerata in Italia (tra i movimenti che protestano ovunque) e sognato un'Italia diversa e migliore.

29.11.10

TV spazzatura e dignità lesa...

Che tristezza accendere la tv e trovare Barbara Durso che tratta per l'ennesima volta il tema della chirurgia estetica in studio con un chirurgo rigorosamente maschio che parla maneggiando le protesi al seno e spiegando come si mettono e cosa comportano e una ragazza, Francesca, maggiorata al seno in maniera indecente che travestita da oca appariscente mostra le sue "grazie". La Durso cita storie di chirurgia finite male, ematomi, silicone in eccesso, protesi rotte e al contempo ride e sorride sugli effetti della chirurgia così detta riuscita, esclamando: "ma che bello, le protesi anche al sedere??? ma è meraviglioso, signore scopro un mondo che non conoscevo!!!"

E' davvero triste e di una sufficienza incredibile trattare questi aspetti in questo modo, passando due messaggi:" rifatevi, è giusto e bellissimo, vi serve per sentirvi più donne" e " si rischia anche di morire, ma ne vale la pena per una 3!!!"

Inoltre la Durso tratta un caso di una sua amica famosa, Emanuela, che dopo una anoressia in cui aveva perso il seno, ha deciso di rifarselo ottenendo come risultato una emorragia interna. E la conduttrice esclama: mi sembra giusto dopo la tua malattia rifarsi il seno per uscirne".

Ma che inciviltà, che incompetenza e che modo stupido di fare televisione. Che cosa arriva alle donne che stanno a casa? che cosa arriva a quelle donne che magari hanno avuto una delusione, che sono nel periodo della manopausa e si sentono meno belle, meno giovani, a quelle donne che stanno soffrendo per un abbandono e che non riescono ad accettarsi???? ecco che cosa arriva, forte come un pugno in viso a 350 KM/H: se non avete il seno che donne siete? per avere un uomo dovete avere il seno e se ve lo rifarete starete meglio voi e avrete successo.

Poi la Durso passa di netto al caso di una ragazza affetta da labbro leporino grave, che ha vissuto così fino a 18 anni con enormi problemi. L'accostamento vine spontaneo: anche questa è chirurgia estetica ed è ben riuscita, fatta per necessità e con i suoi risparmi; con la voglia di ritornare normale. Ecco vedete che la chirurgia estetica serve????

E tutte quelle donne che stanno male perchè non si accettano o perchè questo mondo maschilista vede solo tette e culi, non fanno altro che dirsi: anche io ne ho bisogno, senza seno non risco a ster bene con me stessa, cado in depressione, rimango "zitella", allora magari rischi ma il seno me lo pago!!!!!

Che subdolo e indecente accostamento da fornire alle telespettatrici giovani e mono giovano che guardano e pensano che la chirurgia sia la soluzione ai loro problemi.

E il bello è che le donne ci credono anzi, sono loro a volerlo, a sognarlo e ad andare nelle trasmissioni a parlarne; ovviamente sempre come pazienti, quando al contrario l'esperto è il dottore maschio che rifà al donna secondo i canoni che il mondo maschile ama e ai quali la donna brama adeguarsi per sentirsi da esso voluta e accettata.

Donne come possiamo farci trattare così???? come possiamo perdere la dignità in questo modo???

27.11.10

GIORNATA ONU per i diritti del popolo palestinese

Oggi è la giornata ONU per i diritti del popolo palestinese, per dire che la Palestina esiste, che esiste un popolo che dal secondo dopo guerra ha iniziato a scomparire...lentamente spazzato via, accerchiato, murato, recintato, richiuso, oppresso. Un popolo tacciato di essere terrorista, antisemita, violento e armato. Un popolo che non vede riconosciute nessuna delle risoluzioni ONU, risoluzioni che Israele si arroga il diritto di non rispettare, con la complice indifferenza della comunità internazionale. Per questo popolo che piange e dispera la terra che ingiustamente gli è stata tolta, oggi si celebra questa giornata.
A Fiesole, Firenze, dalle 9.30 con Daoud Nassar e il racconto di come i contadini cerano di difendere la loro terra: Tent of Nations, Kifah Nasser e l'esperienza di donne che cercano di tessere una nuova vita, la cooperativa At Twani, Joi Ellison e il ruolo dei volontari, e in fine la proiezione del film Palestina Homeless.
Una giornata per non tacere, per gridare i diritti, per dimostrare come la resistenza parta dal basso.

Flash dall'occupazione a Filosofia

Da lunedi la facoltà di Filosofia di Macerata è in parte occupata da un'assemblea di studenti autonomi in mobilitazione contro il Ddl Gelmini 1905 in discussione alla Camera dei deputati e plausibilmente da votare martedi 30 novembre.
In questi giorni non abbiamo tenuto il passo con gli eventi che si sono susseguiti, le numerose assemblee, le proiezioni di film e le lezioni alternative, le mostre e i concerti; non abbiamo analizzato le forme della protesta, messo in questione i metodi e le pratiche;e soprattutto non abbiamo raccontato le emozioni ed i percorsi che hanno trovato posto all'interno di quella facoltà per poi diffondersi nella città.
Non lo abbiamo fatto perché il Laboratorio è elemento attivo di questo percorso, e alcuni di noi (chi aveva tempo, chi di noi ancora frequenta l'Università, chi ha scelto di impegnarsi in questa battaglia per il nostro Ateneo oltre che contro un Ddl che precarizza la vita, mercifica il sapere e aziendalizza l'Università) che hanno direttamente occupato e stimolato questi processi non hanno avuto il tempo per scrivere.
Dico solo che l'aria di questi giorni era quella che piace respirare, della fame di vita, del desiderio di stare assieme e di farlo anche per una causa comune.
Non aggiungo altro, dato che in questo periodo ci si diverte a strumentalizzare ogni azione, ogni momento condiviso e partecipato dalle associazioni. Persino i volantini.
Mi limito a segnalare alcuni articoli, che hanno permesso di dire "anche Macerata c'è" in una battaglia di civiltà, per la difesa dei diritti allo studio ed all'autonomia del sapere.
Ai prossimi giorni i riflessioni e programmi.
Vi invito a cercare anche su Messaggero e Carlino, dove sono usciti interventi ogni giorno e in particolare un articolo oggi, 26 novembre, che è andato sulla prima pagina del quotidiano... In ultimo, segnalo il link del Movimento su facebook:
Saluti
Stefano

25.11.10

eccomi sono mia

".....Sono queste strutture psicologiche che portano la persona di sesso femminile a vivere con senso di colpa ogni suo tentativo di inserirsi nel mondo produttivo, a sentirsi fallita come donna se vi aderisce e a sentirsi fallita come individuo se invece sceglie di realizzarsi come donna".
Quando nel dopo guerra fu lanciata sul mercato italiano la lavatrice, elettrodomestico ormai imprescindibile, la pubblicità che promuoveva questa rivoluzione della vita casalinga recitava così: donne avrete più tempo per voi...
Nonostante l'invitante prospettiva che avere una lavatrice potesse migliorare la vita della donna, non solo fisicamente e da un punto di vista organizzativo, ma anche socialmente, visto che le si prometteva che con quella meraviglia avrebbe avuto molto più tempo da dedicare a se stessa, le vendite non decollarono per un pò, tanto che i produttori e i promotori stentavano a credere che in USA fosse stato così facile mentre in Italia no.
Che cosa non funzionava? perchè le donne italiane non la comperavano???perchè non recepivano il fantastico messaggio lavatrice uguale più tempo per voi stesse???
Di sbagliato c'era una cosa fondamentale:il messaggio persuasivo non era tale.
Quando successivamente la pubblicità fu cambiata recitava: comperate la lavatrice donne, avrete più tempo per dedicarvi ai vostri figli, a vostro marito e alla cura della casa.
Il mercato ebbe finalmente l'atteso decollo.
Non era la cura di se stesse che stimolava la voglia di avere una lavatrice, ma il fare leva sul senso di maternità, sulla figura della brava moglie perfetta, che faceva pendere l'ago della bilancia in favore dell'elettrodomestico.
Ci sono tutta una serie di violenze che la donna è costretta a subire ogni giorno, ma forse quella che fa male di più è la negazione del suo essere individuo. E ci sono violenze che mettono fine alla vita delle donne, ma forse quelle che fanno più male sono le spinte a identificarsi fin da bambine con un mondo che è solo rosa e la non possibilità di accedere a un mondo che è solo blu. E queste violenze fanno ancora più male quando sono le stesse donne a non riconoscerle sulla loro pelle...
Come se le donne fossero state create solo per dire "eccomi sono tua" e mai "eccomi sono mia".

Valentina

24.11.10

Università aperta a Filosofia.

Riportiamo, senza ulteriori commenti, la piattaforma programmatica degli studenti che hanno occupato la facoltà di Filosofia a Macerata da ieri, lunedì 22 novembre. Siamo con loro. Fisicamente e politicamente.
Il Movimento studenti Macerata, ha deciso di continuare il progetto “Università Aperta” occupando l’aula magna e autogestendo l’atrio della facoltà di Filosofia come forma di protesta nei confronti del DDL 1905/2009 c.d. Gelmini, in discussione durante questa settimana alla Camera dei Deputati, poiché prevede la progressiva aziendalizzazione del modello universitario italiano e la riduzione della rappresentanza studentesca negli organi decisionali dell’Ateneo.
Durante il primo giorno effettivo di occupazione dell’aula sono state fatte lezioni di “altra cultura” su temi cari non solo agli studenti ma a tutta l società: la cultura tra saperi ed erudizione
L’assemblea giudica, inoltre, deleteria la politica finanziaria del Governo che prevede un taglio di 1,4 miliardi di euro al Fondo di Finanziamento Ordinario dell’Università e impone una riduzione del Fondo Ministeriale del Diritto allo Studio che passa dai 196 milioni di euro del 2009 ai 90 milioni del 2010, fino ad arrivare a 12.939.000 euro per il 2013.
Si rivendica inoltre:
-un'aula autogestita dagli studenti in ogni facoltà al fine di promuovere attività extra didattiche che permettano il confronto e il dialogo e iniziative che diano spazio alle esigenze degli studenti.
-il prolungamento dell’orario d’apertura di almeno una biblioteca fino alle ore 23.00, facendo in modo che venga autogestita dagli studenti senza oneri per l’Università.
-la rimodulazione del finanziamento per le attività culturali degli studenti, al fine di favorire forme di ricerca alternative.
Si richiede al Senato Accademico di intervenire presso le sedi competenti al fine di non adottare i provvedimenti previsti dal DDL 1905\2010 e di portare avanti le istanze degli studenti.

Movimento studenti Macerata
Per info dalla Facoltà occupata Francesco: 338.3428553

20.11.10

CHI E' HANDALA

CHI E' HANDALA

Si è appena conclusa la settimana dei diritti dell'infanzia, la campagna simbolicamente chiedeva di mettere sul profilo facebook la foto di un cartone animato, molte radio lo hanno ripetuto citando lo spot dell'unicef: io e tu mai nemici.

Anche Handala è un bambino e rappresenta i bambini dei campi profughi palestinesi, che di diritti ne hanno ben pochi....

Se tutti i bambini, come cita lo spot Unicef, sono uguali, che dire dei bimbi palestinesi??? come loro tanti altri nel mondo non hanno diritto all'infanzia, con questo articolo e vogliamo ricordarli tutti e sperare che Handala un giorno possa girarsi e non trovare più muri ma strade, ponti, case...

Handala è il protagonista delle vignette di Naji al-'Ali, un artista palestinese nato nel 1937 ad ash-Shajara, uno dei 480 villaggi distrutti con la Nakba, la Catastrofe del 1948. La Nakba comporta la perdità di oltre metà dei territori palestinesi sui quali viene istituito lo Stato ebraico e costringe alla fuga 750,000 profughi. Naji al-'Ali ha 10 anni quando con la sua famiglia viene espulso dalla Palestina e si rifugia nel campo profughi di 'Ayn al-Helwe, nel Sud del Libano.

“Lì, la vita era al limite della dignità umana, vivevamo in sei in un’unica tenda, la metà della quale era stata trasformata in una sorta di spaccio dove mio padre vendeva le sigarette, gli ortaggi ed altri oggetti di poco valore”.

Ghassan Kanafani, nel 1961, comincia a pubblicare le vignette di Naji al-'Ali nel giornale al-Hurriyya, ma è solo nel 1969, in seguito al suo traferimento in Kuwait, che fa la sua comparsa il personaggio di Handala, un bambino scalzo, con l vestiti rattoppati e le mani dietro la schiena che osserva il mondo che lo circonda:

“Lo disegnai come un bambino brutto, con i capelli come quelli di un riccio perché il riccio usa i suoi capelli come un’arma. Handala non è un bambino ben pasciuto, capriccioso e spensierato, è a piedi nudi, come i bambini dei campi profughi. In quanto povero non ha nulla da perdere. Non accetta compromessi, è un oppresso, ma non gli mancano le forze per affrontare e combattere tutte le forme di oppressione. Handala ha 10 anni, l'età che avevo io quando ho lasciato il mio villaggio. Continuerà ad avere 10 anni finché non farà ritorno a casa sua, in Palestina: solo allora potrà riprendere a crescere."

da http://www.losguardodihandala.org/CHIHANDA.html

19.11.10

rEsistere: i pensieri

C'è un fermento, una voglia di cambiare, una voglia di sognare e realizzare che forse non trovano spazio nelle pagine dei giornali, nei dibattiti politici, nelle sedute dei programmi di approfondimento, ma si manifestano chiari e decisi nelle parole e negli sguardi di chi vuole cambiare il mondo partendo da se stesso. Sono i giovani che ieri sera hanno provato a mettere insieme esperienze, sogni, frustrazioni e azioni, perchè sono stanchi di resistere stipati in scomode e poco veritiere classificazioni, che li vedono studenti irriverenti, bamboccioni consenzienti, precari svogliati, universitari inadempienti, giovani talentuosi in panchina. Sono giovani che hanno manifestato la loro determinazione ad Esistere perchè ne hanno il diritto, ed hanno molto da dare in termini di idee, creatività, alternative, forza, concretezza.
Ieri sera, ciascuno secondo i propri bisogni, da ciascuno secondo le proprie possibilità, parafrasando Marx, abbiamo iniziato a tessere quella tela di relazioni, sensazioni ed emozioni, che possono portarci ad agire per creare qualcosa insieme.
Quando si riescono a coniugare contenuti di portata prettamente culturale, quando si riesce a parlare di sociale e socialità, quando si mettono insieme nozioni e riflessioni politico-economiche e a questo si aggiungono esperienze personali, dentro e fuori quei massimi sistemi che spesso non si calano nella vita delle persone, stiamo intrecciando Politica e Vita. Lo stiamo facendo dando alla prima il respiro ampio del vivere comune, della necessità di riappropiarci delle relazioni, del valore della comunità, della partecipazione, riducendo la distanza tra le dinamiche poilitiche e le persone. Siamo sulla trada giusta. Stiamo provando a diventare attori della nostra vita e non solo, stiamo cercando di incidere sulla partecipazione attiva, in un territorio che non sempre ne avverte l'urgenza e la portata vitale. Stiamo quindi tentando un teatro sperimentale, quello dove il pubblico diventa protagonista, e la distanza tra spettatori e attori si accorcia fino a svanire.
Questa la prospettiva, questo il sogno e come tutti i sogni, forse ancora carico di eccessive sfumature; dobbiamo calibrare il tiro, ma sicuramente Resistiamo perchè esistiamo e Resistiamo noi che Esistiamo.
Abbiamo iniziato un percorso, abbiamo la forza per portarlo avanti, non sarà certo questo l'arrivo ma l'inizio. Lo si può fare partendo dalle nostre pratiche,dal nostro modo di essere altro, diversi: diversi come tutte le diversità non riconosciute. Eretici.
grazie a tutti LGS

17.11.10

rEsistere: fase 2. Assemblea dei Giovani a Sinistra di Macerata


rEsistere, fase 2.
GIOVEDI 18 NOVEMBRE, alle 21.45 all'Arci, in Via Verdi 10, c'è un importante appuntamento per tutt* coloro che vogliono lavorare per migliorare la città di Macerata: come studenti, come lavoratori, come universitari, come semplici giovani cittadin.
E' il momento di fare il punto, di capire come mettere ulteriormente insieme, collaudare, intrecciare i tanti percorsi avviati in città. La Rete degli Studenti-Medi nelle scuole superiori che sta costruendo qualcosa di inedito per proporzioni e qualità della proposta politica; i movimenti nel mondo universitario, colpito scriteriatamente dai possibili tagli al Diritto allo Studio, in attesa del Ddl Gelmini, e col rischio di subire un ridimensionamento anche politico con la riorganizzazione regionale della governance; il mondo del lavoro, sull'onda lunga di una crisi che sta imponendo una riorganizzazione tutta a discapito del lavoro, sia fisico che cognitivo.
E' possibile fare qualcosa, partendo dal basso, valorizzando quanto già c'è ed esaltando con nuove pratiche le collaborazioni tra realtà anche diverse?
L'assemblea non è altro che questo: provare a capire la situazione in cui siamo immersi, mettere in comune (e dunque educarci ad ascoltare) i problemi di altri, di altre classi e altre persone; organizzare in autonomia eventi, situazioni, proteste per provare a migliorare la situazione.
Il Laboratorio si pone come un luogo per tutto ciò. Un luogo 'il più ospitale possibile'.

15.11.10

Laboratorio scuole superiori, parte V: Liceo Classico.

Pubblichiamo il programma del quinto, ed ultimo, istituto superiore: il Liceo Classico. Questa scuola si caratterizza per un numero relativamente ridotto di studenti e studentesse (400 circa) in costante calo da anni. Tuttavia, negli anni passati è stato il centro di alcuni importanti passi fatti in direzione del recupero della coscienza critica nella scuola: la critica al Ddl Gelmini nel 2008, delle buone assemblee d'istituto, il rifacimento della facciata della scuola (e i problemi strutturali?), l'avvio di progetti di doposcuola o cultura alternativa.
Tuttavia, la partecipazione agli eventi risulta ridotta, e non si esce dallo schema tipico: studente del Classico=secchione=poco interessato ai problemi.
Per rompere questo stupido pregiudizio, figlio probabilmente del modo Ottocentesco di vivere quella scuola da parte di alcuni prof, ecco una lista che fa della partecipazione e della cultura alternativa la propria prassi e proposta. Non approfondisco ulteriormente, perché ritengo che il programma sia sufficientemente chiaro. Potremmo dire: non c'è percorso politico e culturale che possa essere fatto da soli...
I candidati:
Gigli Cesare
Mattiacci Valeria
Porfiri Diego Federico
Cingolani Chiara
Compagnucci Matteo
Cagnoni Camilla
Proposte:
-chiedere un'assemblea di istituto al mese, impostandole in una maniera diversa da quelle degli altri anni, ma questa è un'idea mia poi dovrei vedere se è fattibile oppure no, sempre se ottengo il numero di voti necessari.
-organizzazione di un cineforum ed un "club del libro" pomeridiano da fare una volta al mese nei locali scolastici.- Spronare i professori all'utilizzo della lavagna multimediale che è stata comprata quest'anno ed anche al laboratorio di chimica
-organizzare la settimana culturale con dei corsi a cui possono partecipare ragazzi delle varie classi, e non fatti all'interno della classe. (l'anno scorso avevamo dovuto fare i "corsi" della settimana culturale all'interno delle nostre classi, perchè il preside aveva preferito evitare possibili "mescolanze" tra noi ragazzi, per quella storia della suina)
-ripristinare il giornalino scolastico "Sciarada"
-aprire una pagina (pensavamo anche su fb) del liceo, dove tutti possono esprimere opinioni, critiche etc etc..
Ringrazio Camilla per la celerità nell'inviarmi il materiale... E buona fortuna ragazz*...
Stefano

7.11.10

rEsistere!





Ecco un'altra iniziativa del LGS - Laboratorio Giovani a Sinistra.


Scegliere di declinare, mescolare assieme, i verbi Resistere ed Esistere significa porre l'accento sulla connessione tra la Politica e la Vita; significa anche contestare aspramente un mondo (politico, sociale, etico, relazionale) che sacrifica i diritti ed i rapporti umani, calpesta la dignità e riduce a macchinazione, a scuola come sul posto di lavoro. Resistere, oggi, al sopruso, all'ingiustizia, all'estraneazione nel mondo del lavoro, contestando le nuove marginalità, la decomposizione del mondo sociale e relazionale, l'autoreferenzialità della politica, la violenza dei rapporti tra generi, tra ruoli, tra generazioni, significa riaprire uno spazio di Esistenza, di comunità e condivisione, di autenticità: convinti che il mondo, il mondo intero, si possa cambiare! E lo si possa fare partendo dalle nostre pratiche, dal nostro modo di essere altro, diversi: diversi come tutte le diversità non riconosciute. Eretici.

Ecco quindi che anche una festa può essere il luogo dell'autenticità, se non smette di ricordare questo nesso tra la resistenza al potere, al sopruso, e la richiesta di originalità, di messa in comune, di esistenza condivisa.

Allo stesso tempo, proprio perché crediamo che non ci siano libertà e liberazione se non per tutt*, proponiamo di ricreare dei momenti di analisi e battaglia politica comune, partendo dall'assemblea del 18 novembre "Giovani a Sinistra", connessa indissolubilmente con la festa dell'11.

2.11.10

Raccontare il viaggio in Palestina del team di Peacebuilding "Ricucire la Pace 2010"

Tutte le persone incontrate in Palestina ci hanno lasciato con due frasi: "Non c'è pace senza giustizia" e "Siete voi la nostra voce: raccontate".
Incontrando questa realtà puoi percepire queste due urgenze, le vivi sulla tua pelle, le tocchi con mano, non puoi non vederle...perchè quei muri, quei posti di blocco, quelle case, quelle strade, hanno i nomi della gente che hai incontrato.
Sulla scia dei link e degli articoli pubblicati in precedenza da questo laboratorio, siamo lieti di invitarvi a partecipare all'evento che si terrà GIOVEDì 4 NOVEMBRE ALLE ORE 21.30 presso la sala Sala Polifunzionale dell'Arci di Macerata: Raccontare il viaggio in Palestina del team di Peacebuilding "Ricucire la Pace 2010", con la presenza del presidente di Pax Christi, e promotore dell'esperienza, Nandino Capovilla.
Attraverso il racconto diretto di due ragazzi del laboratorio che hanno partecipato al team, che abbiamo avuto modo di seguire questa estate con la costante pubblicazione dei report e delle notizie che essi stessi mandavano dalla Palestina, potremo spostare lo sguardo su una realtà tanto difficile quanto taciuta, mal raccontata e spesso strumentalizzata, per tentare di comprendere e riflettere insieme.
Vi invitiamo quindi a partecipare sia che siate curiosi, informati, scettici, amanti di queste terre, studiosi, critici o completamente digiuni sull'argomento, per condividere un'esperienza importante quanto dura e sconvolgente e dare spazio a domande, proposte e discussioni.






: