Quanto sta avvenendo nei Paesi dell'Africa del Nord ci interroga sulla fase storica che stiamo vivendo e sulle strategie da mettere in campo per mutare profondamente il nostro regime politico-economico.
La richiesta di diritti sul lavoro e la difesa del contratto nazionale di lavoro in Italia e quella di occupazione e reddito in Tunisia.
Gli scioperi di Mirafiori e Pomigliano, le manifestazioni del 16 ottobre e del 28 gennaio, la Fiom, e quelle dei comitati nordafricani in mobilitazione.
Le battaglie per un nuovo welfare e una riforma del lavoro e quelle per l'abbassamento del prezzo del pane.
Le piazze piene per una democrazia radicale e una riforma del sistema politico, e quelle contro le dittature.
Da almeno 40 anni non si ponevano le basi per una mobilitazione globale in grado di determinare, su terreni culturali e sociali differenziati seppur sempre più integrati, una modifica alla struttura sociale e politica di radicale profondità.
Nel nostro Paese, e in tutto l'Occidente, l'impianto di produzione culturale sta imponendo una ricostruzione dei fatti che circoscrive all'area del bacino meridionale del Mediterraneo i conflitti, risolti e limitati a richieste di democrazia (à la americana!) e destituzione di dittatori. Questo racconto non solo rimuove alcune questioni cruciali (il rapporto con Ben Alì, Mubarak, Gheddafi, il ruolo coloniale e post-coloniale giocato dalle forze transnazionali e finanziarie, le asimmetrie degli accordi, il ruolo giocato dalla fortezza UE in questi anni) ma ci spinge a volgere, e là fermare, il nostro sguardo oltremare, velando i nessi esistenti tra la crisi di sistema di quei Paesi e le distorsioni e forzature presenti nel nostro.
Le rivolte messe in moto via internet dagli studenti e studentesse algerin*, quelle de* lavoratori/trici di quel cognitivo che sempre più si fa spazio anche in Africa, quelle dei padri e delle madri di famiglia che esigono garanzie e sicurezza, oltre che autodeterminazione, sono strettamente collegate ed hanno le stesse radici delle nostre.
Per questi motivi (senza dubbio da approfondire e articolare ulteriormente) oggi c'è urgenza di uno SCIOPERO GENERALE, inteso come MOBILITAZIONE NAZIONALE A OLTRANZA DEI LAVORATORI E DEI DISOCCUPATI, DEGLI STUDENTI E DEL MONDO DELLA CULTURA, DELLE DONNE E DELLA SOCIETA' CIVILE, dando vita ad una rifondazione della società e del sistema politico di rappresentanza partendo da alcuni punti chiari:
La richiesta di diritti sul lavoro e la difesa del contratto nazionale di lavoro in Italia e quella di occupazione e reddito in Tunisia.
Gli scioperi di Mirafiori e Pomigliano, le manifestazioni del 16 ottobre e del 28 gennaio, la Fiom, e quelle dei comitati nordafricani in mobilitazione.
Le battaglie per un nuovo welfare e una riforma del lavoro e quelle per l'abbassamento del prezzo del pane.
Le piazze piene per una democrazia radicale e una riforma del sistema politico, e quelle contro le dittature.
Da almeno 40 anni non si ponevano le basi per una mobilitazione globale in grado di determinare, su terreni culturali e sociali differenziati seppur sempre più integrati, una modifica alla struttura sociale e politica di radicale profondità.
Nel nostro Paese, e in tutto l'Occidente, l'impianto di produzione culturale sta imponendo una ricostruzione dei fatti che circoscrive all'area del bacino meridionale del Mediterraneo i conflitti, risolti e limitati a richieste di democrazia (à la americana!) e destituzione di dittatori. Questo racconto non solo rimuove alcune questioni cruciali (il rapporto con Ben Alì, Mubarak, Gheddafi, il ruolo coloniale e post-coloniale giocato dalle forze transnazionali e finanziarie, le asimmetrie degli accordi, il ruolo giocato dalla fortezza UE in questi anni) ma ci spinge a volgere, e là fermare, il nostro sguardo oltremare, velando i nessi esistenti tra la crisi di sistema di quei Paesi e le distorsioni e forzature presenti nel nostro.
Le rivolte messe in moto via internet dagli studenti e studentesse algerin*, quelle de* lavoratori/trici di quel cognitivo che sempre più si fa spazio anche in Africa, quelle dei padri e delle madri di famiglia che esigono garanzie e sicurezza, oltre che autodeterminazione, sono strettamente collegate ed hanno le stesse radici delle nostre.
Per questi motivi (senza dubbio da approfondire e articolare ulteriormente) oggi c'è urgenza di uno SCIOPERO GENERALE, inteso come MOBILITAZIONE NAZIONALE A OLTRANZA DEI LAVORATORI E DEI DISOCCUPATI, DEGLI STUDENTI E DEL MONDO DELLA CULTURA, DELLE DONNE E DELLA SOCIETA' CIVILE, dando vita ad una rifondazione della società e del sistema politico di rappresentanza partendo da alcuni punti chiari:
-reddito di cittadinanza;
-tassa sulle delocalizzazioni;
-rimozione della legge Ronchi per la privatizzazione dell'acqua e di quella Gelmini sull’Università;
-STOP al finanziamento agli aerei F-35 e ritiro delle truppe dall'Afghanistan;
-riforma locale e nazionale del sistema elettorale;
-legge sul conflitto d'interessi e per il limite di legislature;
Convocare con queste intenzioni uno sciopero generale (magari internazionalizzato), potrebbe avere un effetto dirompente e testimonierebbe di una consapevolezza storica notevole.
Stefano
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