Gli effetti della crisi economica e delle politiche governative fatte di tagli al welfare e ai diritti sociali trovano un contraltare nelle forme, diverse ma diffuse, di conflitto sociale che emergono negli ultimi mesi in Grecia, in Spagna, in Italia e hanno rappresentato il substrato delle rivoluzioni nordafricane. Abbiamo scritto della catastrofe nel Corno d'Africa (leggi: http://lgsmacerata.blogspot.com/2011/07/la-catastrofe-annunciata-del-corno.html) e dei drastici tagli della Manovra Finanziaria italiana (http://lgsmacerata.blogspot.com/2011/07/limpatto-della-manovra-finanziaria-sui.html), cosi come dei percorsi che noi giovani, assieme ai soggetti più vulnerabili quali migranti, precari, disoccupati, stiamo costruendo per determinare un cambiamento di sistema (http://lgsmacerata.blogspot.com/2011/07/la-crisi-o-la-speranza.html).
"Loro la crisi, noi la speranza". Quanto accade a Londra non è "criminogeno", come afferma il Premier conservatore Cameron: è il risultato di una situazione esplosiva fatta di razzismo più o meno latente, della decomposizione del campo dei diritti e delle garanzie sociali; è il frutto di una società che vive della marginalità, dell'esclusione, della distruzione dell'alterità: e solo oggi scopriamo che anche a Londra, come in tutte le grandi capitali, ci sono i ghetti ed i quartieri dormitorio monocolor. La rivolta di questi giorni ha dunque, a mio parere, un carattere costituente: getta sul tavolo politico la violenza dello stato esistente, pretende diritti e riconoscimento sociale, immagina forme contaminate e meticce di cittadinanza.
In questi giorni faremo il possibile per riportare, descrivere, analizzare i conflitti presenti nel globo, lontani e vicini: ben sapendo che la fase più dura, anche per noi, deve ancora venire. Gli attacchi allo Statuto dei Lavoratori integrano e completano la riforma dell'Università, la fine del Contratto Nazionale di Lavoro e i tagli verticali alle sovvenzioni ed ai sussidi.
Prepariamoci a tornare in piazza e non smettiamo di fare politica: se queste lotte hanno carattere costituente, la nostra azione può generare un avvenire diverso.
Tratto da GlobalProject-Il tumulto continua e dilaga. Al terzo giorno di scontri ed espropri, quella che era cominciata come una rivolta localizzata contro il razzismo della polizia, sta assumendo contorni per certi versi inaspettati e diventando il “caso più serio e distruttivo di violenza urbana dai tempi delle rivolte di Brixton e Toxteth del 1981”, per usare le parole del quotidiano britannico the Guardian. Non più solo Londra ma altre città del paese. Non più solo giovani uomini e donne afro-caraibici od asiatici, i gruppi etnici più colpiti dalle angherie della polizia, ma anche bianchi britannici.
Le rivolte di questi giorni e la facilità e rapidità con cui si sono diffuse stanno portando alla luce l’esistenza di diversi conflitti. Il primo riguarda il comportamento della polizia ed il razzismo istituzionale. L’uccisione del taxista afro caraibico Mark Duggan, ed il successivo comportamento arrogante e sprezzante della London Met, il corpo di polizia della capitale britannica, che nella serata di sabato si è rifiutata di dare qualsivoglia spiegazione o rassicurazione ai familiari ed amici che chidevano giustizia e si erano radunati di fronte alla stazione della polizia di Tottenham, dimostrano che non molto è cambiato dalla rivolta di Brixton del 1981 scoppiata proprio a causa di un incidente analogo. Quella rivolta portò ad un inchiesta parlamentare, poi sfociata nello Scarman report, che riconobbe l’esistenza di comportamenti razzisti diffusi nei confronti degli abitanti afro-caraibici da parte della polizia. L’uccisione di Duggan e la rabbia espressa da migliaia di giovani e non ci dice che la polizia è un’istituzione ancora profondamente razzista.
Il secondo conflitto espresso dalle rivolte di questi giorni investe il piano di austerity ed i progetti di ristrutturazione del welfare state e della spesa pubblica da parte del governo Cameron. La dinamica delle rivolte di questi giorni, con i saccheggi di grandi magazzini di beni di largo consumo come le televisioni e gli articoli elettronici, l’abbigliamento sportivo, i telefoni cellulari, sono una forma di riappropriazione del reddito da parte di settori della popolazione che sono stati severamente colpiti dalla crisi e dai tagli di spesa pianificati dal governo. La stessa partecipazione di giovani bianchi ci dice che le rivolte di questi giorni non sono solo la legittima sollevazione di chi viene quotidianamente vessato dalla polizia od escluso sul mercato del lavoro a causa del proprio background etnico.
Haringey, la circoscrizione a cui appartiene il quartiere di Tottenham, è considerata una delle cinque zone più svantaggiate di Londra, con una disoccupazione, soprattutto giovanile, che nell’ultimo anno è cresciuta del 10%. In questo quartiere, nelle ultime settimane sono stati chiusi 13 youth clubs, centri giovanili di aggregazione organizzati dal comune, un fatto che ha suscitato sconcerto e rabbia tra la popolazione locale. Più in generale, nel paese, migliaia di strutture, dalle biblioteche ai servizi sociali o sanitari, verranno drasticamente ridimensionate o dovranno chiudere i battenti, con conseguenti effetti occupazionali, in seguito al taglio della spesa pubblica del 25% circa fino al 2013.
I tumulti di questi giorni vanno inquadrati in un contesto di protesta sociale diffusa, anche se non coordinata. Da quando Cameron è andato al governo poco più di un anno fa ed ha lanciato il suo programma di tagli il paese ha visto le proteste degli studenti tra cui l’assalto al quartiere generale dei Tory, l’occupazione di decine di università, diversi scioperi e proteste nei confronti dei consigli comunali dove venivano discussi i bilanci e decisi i tagli di spesa, la grande manifestazione del 26 marzo seguita da diverse azioni di sabotaggio nei confronti di catene commerciali e banche accusate di evadere il fisco. In questi giorni, le rivolte a Londra ed in altre città inglesi. È chiaro che ciascuno di questi eventi è stato scatenato da cause immediate diverse. Eppure, il filo conduttore è unico ed è la brutale politica economica del governo. I tumulti di questi giorni sono il segnale che la corda si è spezzata. L’illusione coltivata dalla santa trinità dei tagli Cameron-Osborne-Clegg che i piani di austerity sarebbero stati accettati senza che la pace sociale venisse compromessa ed in nome della compatibilità del sistema è definitivamente svanita.
Nicola Montagna, docente di sociologia alla Middlesex University di Londra.
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