17.10.11

Uno sguardo sul 15 ottobre

Una giornata che ha portato in piazza le rivendicazioni di una generazione colpita al cuore, inascoltata, derisa.
Una giornata che ha dato voce agli operai i cui diritti sono stati debellati, ai cassintegrati, agli insegnati precari, agli studenti, ai disoccupati, a tutti i cittadini stanchi di vedersi umiliare da un governo sordo e autoreferenziale che colpisce lo stato sociale, l’istruzione e il lavoro.
Una giornata in cui l’indignazione condivisa si è fatta concreta, si è fatta conflitto e ha scatenato una risposta generale alle politiche liberiste della Banca Centrale Europea.
Quella risposta che non si vede realizzata nella violenza, nello scontro fisico ma che nasce dalle violenze e dai soprusi subiti nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nella vita.
Una risposta che nasce dall’oppressione esercitata dalle logiche del profitto, dall’impossibilità di trovare un lavoro o di lavorare in condizioni che rispettino la dignità umana e tutelino la persona.
In quella giornata ho visto un popolo stanco di subire privazioni e ricatti, di sostenere il peso di una crisi, figlia delle logiche liberiste, di una politica che colpisce i più deboli, di un sistema economico che vuole reggersi sui sacrifici della classe lavoratrice, degli studenti, dei precari.
Doveva essere una data di mobilitazione pacifica e allo stesso tempo pregna di contenuti radicali.
Un momento di lotta per ribadire la necessità di un sistema economico e sociale alternativo, del lavoro come strumento di emancipazione, di una società fondata sulla conoscenza.
Gli scontri non sono un parto di queste rivendicazioni, dei processi democratici che hanno portato alla nascita della manifestazione, sono figli dell’idiozia, della teatralità di gruppi esterni a quel clima.
L’unica cosa che vorrei dire a riguardo è che non saranno loro a delegittimare quella manifestazione e il risultato che comunque ha ottenuto, ovviamente è doveroso fare autocritica e riprendere in mano le redini della questione.
Tuttavia fare un’analisi sulla violenza di quel giorno non mi interessa, voglio parlare della manifestazione che è partita da piazza della Repubblica fino al Circo Massimo, degli studenti che sono tornati in corteo fino alla Sapienza.
Voglio parlare dei contenuti di chi crede che costruire l’alternativa è possibile  partendo dal lavoro, dai diritti, dalla lotta alla precarietà, dalla cultura e dai saperi, facendo pagare i più ricchi, combattendo l’evasione fiscale, reinvestendo nel settore pubblico in difesa dei beni comuni, con la partecipazione del pubblico in economia, tagliando le spese militari e i finanziamenti alle imprese, lottando contro la criminalità organizzata, per la giustizia sociale.
Io sto con l’Italia e con l’Europa che vuole cambiare stando dalla parte di chi ogni giorno lotta nei posti di lavoro, nelle scuole, nelle università, di chi fa cultura e produce capacità critica e tenta di far germogliare quella coscienza che permette agli individui di riappropriarsi del proprio futuro cessando di essere subalterni e costruendo giorno dopo giorno una società diversa.


Francesco Interlenghi
(ringrazio un'anziana signora che in metropolitana mi ha fatto riflettere)

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