23.3.12

Un doveroso minuto di silenzio …

di Valentina Valeri 

In questi giorni sdegno e sgomento per la strage di Tolosa, indubbiamente un atto deplorevole che lascia il turbamento ovvio per la morte di innocenti … 
Si susseguono immagini della cattura, supposizioni sui moventi e liste di obiettivi e possibili seguaci e come da copione sale l’ansia per il riaccendersi di posizioni erroneamente definite antisemite . Sono certamente episodi da condannare e senza dubbio vanno indagate tutte le cause che possono alimentare comportamenti e atteggiamenti volti a discriminare un uomo in ragione della sua appartenenza etnica, così come in ragione delle sue preferenze sessuali, delle sue convinzioni religiose e politiche. 
Tante sono le reazioni della gente di fronte a questa notizia, ma mi chiedo se e quanto episodi come questo siano tanto eclatanti perché efferati e incomprensibili o perché appunto vanno a colpire, vigliaccamente certo, il popolo di Israele; è evidente che le vicende che toccano persone di religione ebraica siano sensibili alla nostra coscienza di europei reduci dalle colpe della storia.
Il minuto di silenzio osservato in qualche scuola della nostra provincia in memoria delle vittime è un atteggiamento nobile e soggettivamente comprensibile, ma qualcosa rende questa vicenda diversa dalle altre, seppure simili per la tragicità di eventi. E’ incredibile come le vicende di appartenenti alla religione ebraica in europa, scalfiscano il nostro essere più di altre. Forse è il senso di colpa, forse la disinformazione che parte sin dalla terminologia (antisemita), forse l’impronta storico-sociale che ci ha abituato ad essere sensibili a questi avvenimenti. Difficile valutarlo, ma è certo che niente ci turba come la minaccia al popolo di Israele e ci riesce facile prendere una posizione.
Qualcuno ha parlato dei 5 militari di colore probabilmente uccisi qualche tempo prima dallo stesso soggetto reo della strage alla Sinagoga? No. Questo prima della sparatoria alla Sinagoga non ha destato clamore, almeno non fuori dai confini francesi. 
Qualche giorno fa un militare americano, aggettivato come impazzito, incomprensibile, esasperato, ha sparato su una folla di persone in Afghanistan uccidendo 9 bambini, ma qualcuno ha osservato un minuto di silenzio nella scuole? Ci si è affrettati invece a dare una lettura della situazione e del militare, mai chiamandolo assassino ovviamente, cosa che invece è stata doverosamente dichiarata dell’uccisore di Tolosa. 
Che cosa rende le due vicende tanto differenti da sentire l’esigenza di osservare il silenzio per una e non per l’altra? Di spiegare ai bambini e ai ragazzi l’accaduto e di rendere sensibili le loro coscienze affinché si rendano conto che uccidere in nome di una religione, di una convinzione politica, di una idea razzista è sbagliato SEMPRE. 
Nel mondo muore un bambino ogni 3 secondi per fame, malattie e stenti; provate a contare in silenzio 1….2….3…e 1….2…..3….e 1….2…..3…. è angosciante. Ma quanti minuti di silenzio abbiamo osservato nelle nostre scuole? Dovremmo smettere di parlare e stare zitti tutti i giorni. Ma non sentiamo la colpa di questo, perché? Perché non riusciamo a percepire con la stessa sensibilità e lo stesso senso di colpa queste tragiche vicende?
Che cosa ci frena dal condannarle? L’area geografica in cui avvengono? Le circostanze? La lontananza? Tutte possono essere valide e forse dovremmo rifletterci perché non possono e non devono esserci vite che valgono meno di altre perché stroncate in circostanze di guerra, in paesi a noi estranei, da insospettabili in divisa.
Che cosa rende diversi i bambini palestinesi che ogni giorno muoiono a Gaza, stretti dentro le mura di confini imposti dalla prepotenza umana e dalla convinzioni politiche? Che cosa rende diversi quei bambini che vivono con la costante minaccia di raid aerei israeliani, che uccidono senza possibilità di scampo una città murata viva, dove la gente vive come topi in gabbia? A Gaza, in questo sperduto posto in Palestina, paese che nessuna cartina riporta, ma che ha una bandiera, un popolo, una storia e un territorio flagellato, estinto, martoriato, sono morti migliaia di bambini, quelli che la politica di Israele chiama gli effetti collaterali. Ma gli effetti collaterali hanno un nome proprio come i piccoli ebrei uccisi in Francia; per loro nessun minuto di silenzio che non sia additato come irrispettoso nei confronti di Israele. 
E così meglio continuare a perpetrare l’errore linguistico che utilizza il termine antisemitismo per parlare di razzismo contro gli ebrei, dimenticando o ignorando che semiti etimologicamente sono tutti i popoli che parlano, o hanno parlato, lingue collegate al ceppo linguistico semitico (tra questi Arabi, Ebrei, Cananeo-Fenici, Cartaginesi, Maltesi); palestinesi ed ebrei hanno una comune origine culturale, che forse loro stessi a volte ignorano. Eppure non ci riferiamo alle stragi che si perpetuano da anni nel conflitto israelo-palestinese e che vedono inenarrabili morti palestinesi con lo stesso termine. Sono semiti anche i palestinesi e anche loro vengono uccisi nelle loro città, nelle loro moschee, a loro vengono vietati i diritti fondamentali, tutti, in nome della loro appartenenza etnica, senza lo sdegno della comunità internazionale. E sono migliaia di persone che per l’europa NON ESISTONO. Non un  minuto di silenzio per loro. 
Dobbiamo farcene una ragione, stiamo usando ed abusando della strage degli ebrei nella seconda guerra mondiale per omettere i fatti che accadono oggi e per quietare il nostro senso di colpa e allontanare dalla mente le certezza che l’orrore della Shoah si ripete ogni giorno in forme diverse e che a volte le vittime possono diventare i carnefici.
Sgomento e tristezza per tutte le morti vittime del razzismo e della negazione dei diritti umani, condanna unanime per chi rende l’altro non persona tanto da annientarla, da invadere il su territorio per tornaconti economico-politici, tanto da fare delle sue origini motivo di negazione totale, che sia esso ebreo, rom, africano, afghano, palestinese. Per tutti loro un doveroso minuto di silenzio e l’impegno a pretendere giustizia, anche scomoda che sia, anche difficile da gridare perché volta ad intaccare equilibri economici, politici, storici. Ma che giustizia sarebbe se fosse condizionata da interessi altri, se ne fossero taciute le ragioni, le verità, discapito dei diritti umani?




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